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Fulvio Guarneri, rivoluzione italiana per la Unilever Japan

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appunti da tokyo

Fulvio Guarneri, rivoluzione italiana per la Unilever Japan

Fulvio Guarneri, Ceo di Unilever Japan
Fulvio Guarneri, Ceo di Unilever Japan

TOKYO – Ci voleva un manager italiano per portare la rivoluzione in Giappone nel mondo del lavoro. È stato Fulvio Guarneri, 45 anni, Ceo di Unilever Japan dal luglio 2014, a lanciare il più avanzato sistema di flessibilità delle modalità lavorative che mai sia comparso in una azienda nipponica. Si chiama WAA: ossia «Work from Anywhere and Anytime» (Lavorare da ogni posto e in ogni momento) facendo anche il verso a una espressione giapponese di positiva eccitazione.

Per comprendere che si tratta nientemeno di un cambiamento sistemico di portata storica, occorre inquadrare l’iniziativa nel contesto “workalcolico” che caratterizza il Sol Levante: in moltissime imprese, ancora oggi il costume e' quello di lavorare per lunghissime ore, indipendentemente da cosa di faccia in concreto, in quanto sarebbe sconveniente andarsene prima dei capi o di altri colleghi. Spesso è considerato ancora sconveniente chiedere di usufruire delle ferie, o almeno di tutte le ferie.

Lo stesso governo giapponese si è reso conto che si tratta di un sistema che poteva andare bene in passato, ma che oggi non ha più senso in quanto non solo non è impostato su criteri di efficienza e produttività, ma ha pesanti conseguenze sociali a largo raggio (tra cui devastazione della vita familiare, scoraggiamento del lavoro femminile ed effetto negativo sul tasso di natalità). Varie aziende hanno cominciato a introdurre elementi di flessibilità nelle condizioni di lavoro, ma nessuna si è spinta tanto avanti come Unilever: dal primo luglio dell’anno scorso ognuno può lavorare dove vuole, da casa o da uno Starbucks o da una biblioteca. Ognuno può decidere il suo «piano di lavoro», ovvero quante ore lavorare nella giornata e quando, nella fascia tra le 6 del mattino e le nove di sera dal lunedì al venerdì. Non ci sono limitazioni di giorni o periodi o di categorie di impiegati, anche se – ovviamente - il capo può chiedere la presenza in ufficio per motivi di business.

Per molti dipendenti, si è trattato di qualcosa di entusiasmante. Pensiamo all’impiegata traumatizzata da precedenti palpeggiamenti subiti in un vagone sovraffollato della metropolitana: una vera liberazione poter evitare le ore di punta e arrivare in ufficio, poniamo, alle 11.30. O alla madre di famiglia con tante incombenze domestiche. O a chi vuole fare tanto sport e ora può prenotare il campo da tennis alle 16 trovandolo sempre libero. Non c’è più, insomma, un «core time» in cui è obbligatorio che tutti siano in ufficio.

L’esperienza di questi sei mesi, sottolinea Guarneri, è positiva. «Normalmente le persone sono disciplinate e tutto funziona bene – dice –. Siamo felici di aver avviato questo nuovo modo di lavorare, con vantaggi sia per l’azienda attraverso performance migliori, sia per le persone e le loro famiglie». Unilever, insomma, intendere promuovere una cultura dell’efficienza basata sulla fiducia tra datore di lavoro e dipendente. In termini giapponesi, si passa dalla consueta cultura lavorativa basato sullo “shimpai “(preoccupazione, timore di fare passi falsi o di mettersi in cattiva luce) a quella dello “shinrai” (fiducia che il lavoratore sappia quando e come dare il meglio di sé). Dall’ossessione per gli orari al focus sui risultati.

Guarneri rivela che un aspetto della sua rivoluzione ha sollevato inizialmente le obiezioni dei sindacati: «Ho ridotto a 45 ore mensili il massimale di straordinari per ciascuno. C’era chi ne faceva ottanta...». Difficile immaginare rimostranze simili in Italia: ve l’immaginate un sindacato nazionale andare allo scontro con una azienda per rivendicare il «diritto per tutti» a 80 ore mensili di lavoro straordinario? Guarneri ha replicato: quello che l’azienda risparmierà (visto che per gli straordinari paga il 35% in piu', ossia meglio del 25% richiesto dalla legislazione nipponica) sarà redistribuito ai lavoratori. Ma non a tutti: solo a quelli che centreranno i loro personali piani di miglioramento. Un piano che hanno anche le segretarie. Ad esempio, se la segretaria di Guarneri sa che lui dovrà recarsi negli Stati Uniti il mese successivo e prenota il volo in tempo utile per ottenere lo stesso biglietto aereo a un prezzo più conveniente, avrà la sua gratificazione personale.

Certo, c’è chi ancora si sente in colpa a non farsi vedere in ufficio. Non mancano mariti che finiscono per accorgersi amaramente di non essere troppo graditi in casa propria: se una moglie si è abituata a non preparargli la cena e ad andare a letto in una stanzetta a parte con il bambino (in pratica senza vedere il marito per tutta la settimana), il suo entusiasmo per la rivoluzione-Guarneri non sempre è spiccato ed evidente (anzi). Qualche single che abita a un’ora e mezzo dall’ufficio si sente triste a tornare a Saitama alle 18 anziché tirar tardi in ufficio per poi andare a mangiare e bere in una rumorosa “izakaya” del centro città. Piccoli inconvenienti di una transizione verso una maggiore libertà e responsabilità. Da cui, va detto, gli operai sono esclusi, a causa delle imposizioni della produzione in fabbrica.

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