Dalla discussione con i manager presenti al workshop «Nuove competenze per la Smart Enterprise» organizzato dal Laboratorio Rise dell’Università degli Studi di Brescia è emerso come si stia vivendo un cambio di paradigma radicale del modo di fare “business”, e come questo cambiamento porti (o porterà) anche le tradizionali aziende manifatturiere a lavorare con modelli di tipo «B2Person», dove il cliente è interessato all’utilizzo e non al possesso del prodotto in sé.
Per questo motivo diventa fondamentale, per qualsiasi azienda, acquisire talenti che siano anche in grado di parlare la stessa lingua del cliente. E per lo stesso motivo è sempre più sentita da parte delle imprese la necessità di collaborare con l’università. Con Andrea Bacchetti, ricercatore del Laboratorio Rise e responsabile del progetto di ricerca «Impresa4.0» attivo presso il medesimo laboratorio, abbiamo condiviso i contenuti emersi nell’incontro per delineare le nuove esigenze delle aziende, spaziando dal profilo dei talenti da inserire ex novo, alle azioni da compiere per elevare la formazione degli addetti già in organico.
Partiamo dal ruolo dell'università: cosa manca oggi?
In linea generale si può dire che occorre lavorare ancora molto perché si realizzi un connubio efficace ed efficiente tra impresa ed università. Quest’ultima sembra infatti non essere pronta a recepire tutti gli elementi del cambiamento in corso e ad offrire quindi ai propri studenti gli strumenti necessari. L’elemento chiave non è, infatti, solo il “cosa” si insegna in università, ma il “come” lo si insegna ed il “quando”. I fabbisogni delle aziende stanno cambiando rapidamente e l’università deve essere reattiva nell’intercettarli e nel proporre nuovi programmi formativi adeguati.
Come si possono modificare e aggiornare i percorsi e i metodi di formazione?
Il metodo è un elemento chiave per le nuove risorse e spesso è un elemento sottovalutato nella formazione accademica. Come osservato dalla maggior parte dei presenti, infatti, molte risorse qualificate con elevate competenze tecniche presentano oggi una forte carenza su alcune “soft skills” che diventano imprescindibili per l’impresa nell’attuale contesto economico. Parliamo soprattutto di competenze relazionali, di comunicazione e di lavoro in team, che, l’esperienza pratica insegna, non si possono dare per scontate.
Proviamo a tracciare l’identikit del candidato ideale per aiutare le aziende a cavalcare la trasformazione digitale?
I talenti di oggi devono saper integrare le competenze tecniche più tradizionali con le nuove competenze richieste dalla trasformazione digitale in atto. Pensiamo, ad esempio, alle capacità oggi necessarie per gestire un asset chiave per le aziende: i dati. La valorizzazione delle informazioni necessita ormai di figure capaci di affiancare alla competenza tecnica e scientifica - per l’estrazione, la memorizzazione, la protezione, l’analisi e l’elaborazione statistica dei dati – una competenza di business per comprendere, organizzare e utilizzare questi dati a supporto dei processi decisionali. Ma non è possibile limitare il tema delle competenze alle nuove risorse e alla ricerca dei talenti. Per le aziende oggi è imprescindibile capire come riqualificare le risorse già presenti nell'organizzazione. E l’Università, in tal senso, deve guardare oltre i propri studenti, proponendo percorsi strutturati di formazione che possano supportare le imprese in questa difficile operazione di aggiornamento continuo delle proprie risorse.
Come si può favorire ed incentivare il cambiamento?
Dal dibattito è emerso come nel rapporto tra università ed impresa l’elemento critico sia rappresentato dall’assenza di un vero percorso integrato, che preveda più momenti di interazione tra studenti ed aziende all’interno del percorso curriculare. Non basta lo stage a fine percorso di studi, occorre strutturare una vera alternanza università – lavoro, che permetta agli studenti da un lato di applicare subito le nozioni teoriche apprese e, dall’altro, permetta alle imprese di fornire un feedback circa il livello effettivo di preparazione, al fine di essere ancora in tempo a suggerire eventuali modifiche o integrazioni. Inoltre, l’orientamento potrebbe e dovrebbe essere potenziato, al fine di migliorare la capacità di auto-comprensione negli studenti, che li possa aiutare ad indentificare per tempo la propria attitudine, generando valore a cascata anche per le aziende e l’intera società.
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