Vivo a Hong Kong da quattro anni e ho la fortuna di visitare per lavoro tutti i paesi dell’Asia e dell’Oceania. Spesso si sente dire che i mercato asiatici «rappresentano il futuro», ed è vero sotto tanti punti di vista, principalmente per la spinta demografica (le popolazioni sono molto più giovani e quindi adottano più velocemente il cambiamento) e per una struttura retail più nuova senza barriere architettoniche che accelera l’evoluzione delle strutture distributive. In un certo senso l’Asia è come una macchina del tempo per capire il futuro dei paesi Occidentali come l’Italia. Ma lo spunto che voglio proporre è che l’osservazione dei consumatori nella loro diversità tra i vari Paesi asiatici può offrire delle chiavi di lettura anche per meglio comprendere i diversi strati dei consumatori nel nostro mercato.
Osservando il comportamento di consumo dei beni di alta gamma in Asia, e correlandolo con il reddito pro capite (uso per semplificazione
il Prodotto Interno Lordo – Pil), voglio proporre un modello di quattro stili di consumo:
Stile di consumo 1: Consumo essenziale.
Stile di consumo 2: Show-off.
Stile di consumo 3: Razionale divergente.
Stile di consumo 4: Esperienziale.
Analizziamoli con ordine.
Stile di consumo 1: Consumo essenziale.
Si parte tutti da qui. Sono i Paesi o le regioni più povere, poteva essere l’Europa del dopoguerra, con un reddito disponibile
pro capite bassissimo, massimo di 5.000 dollari all’anno. A questi livelli, il reddito disponibile per acquisto di beni accessori
è davvero limitato. Si comprano principalmente beni di prima necessità, in canali di distribuzione di massa. Prevalgano le
caratteristiche funzionali dei prodotti e c’è pochissimo spazio per aggiungere servizi a valore aggiunto. Ma c’è invece spazio
per fare branding, anzi è in questa fase che costruire la marca e la brand awareness costa poco per un’azienda con un marketing
molto semplificato: prodotto, funzione, prezzo e dove si può acquistare il prodotto.
Stile di consumo 2: Show-off.
Quando finalmente arriva qualche soldo in tasca in più la prima cosa che si vuole fare è spenderlo e farlo sapere a tutti.
Non posso rappresentarlo meglio che con le orde di cinesi che cominciano a viaggiare all’estero per acquistare e per potere
esibire. Si stima che il 50% dei consumi di beni di lusso al mondo sia rappresentato dai cinesi, in Cina e anche e soprattutto
all’estero. Più di 100 milioni di turisti all’anno con uno stile di consumo molto semplice: vengono e girano con delle grosse
valigie con ruote ed accumulano quanti più beni di lusso possono da esibire a casa ai loro amici. Se con i loro acquisti possono
esibire degli shopper di carta con il logo più in evidenza possibile, tanto meglio. In questa fase la domanda di prodotti
di alta gamma cresce molto velocemente. Appena si esce dalla fase di sopravvivenza scatta quel meccanismo di “upgrade” dei
consumi («mi posso permettere qualcosa di meglio») che è un vettore ineluttabile in tutto l’Occidente e che ognuno di noi
vive ogni giorno. In questa fase bisogna rimboccarsi le maniche ed arricchire il marketing un po’ basico dello stile di consumo
precedente con una vera e propria Brand Identity di valori e contenuti, con cui il consumatore possa identificarsi e da cui
possa trarre delle valenze emotive.
Stile di consumo 3: Razionale Divergente.
Strano. Passando a un Pil annuale pro capite tra i 15.000 ed i 30.000 dollari succedono due cose apparentemente contradditorie
o quantomeno divergenti: 1. L’aumento del reddito disponibile continua a farci fare upgrade delle nostre scelte di Brand (ad esempio passo da Zara ad
Armani o da un hotel a quattro a uno a cinque stelle).
2. La maggiore esperienza e soprattutto razionalità del consumo porta a comportamenti di acquisto razionalmente e volutamente
di downgrade. Qualche esempio? Compro la giacca di Armani la abbino con un pantalone di Zara, acquisto un volo low cost per
poi soggiornare in un hotel a 5 stelle; compro abbigliamento griffato e lo tengo in armadi Ikea; prenoto un ristorante stellato
Michelin, ma ci vado in metropolitana… Lo facciamo tutti i giorni e sono sicuro che ciascuno di noi si può identificare in
questo comportamento razionale divergente. Il consumatore razionale divergente è il consumatore che accende il cervello e
va al di là del marchio ed è disposto a spendere anche tanto, laddove vede un vero valore per il suo denaro speso. In Asia
vedo i consumatori della Corea del Sud in questa fase, e anche i primi consumatori cinesi cominciare a passare a questo stile
di consumo. In Occidente siamo da decenni in questa fase, ci si arriva quando si arriva anche ad una saturazione del consumo
di massa ed il consumatore ricerca una maggiore profondità ed autenticità di valori nel brand. In questo stadio si apre anche
un bivio fondamentale per i brand. Se fino a questo momento un marketing tradizionale successivamente arricchito di valori
emotivi da associare al brand poteva bastare, adesso il consumatore chiede al brand di lasciare o raddoppiare accettando la
sfida di diventare un marchio esperienziale oppure di abbassare i prezzi.
Stile di consumo 4: Esperienziale.
Quando il prodotto interno lordo per capita supera i 30.000 dollari, cambia tutto, e la cosa si fa davvero interessante. Il
mio esempio preferito è questo: le vendite di musica sono come sappiamo in declino da un ventennio. Anche aggiungendo alle
vendite fisiche di cd il valore dei download a pagamento, il settore è in declino. Ci viene da dare la colpa alla pirateria
ed ai download illegali che sicuramente hanno un ruolo, ma la risposta è altrove. Esattamente nello stesso lasso temporale
l’industria dei concerti live è cresciuta esponenzialmente. Interessante da osservare nel grafico del totale della musica.
ma anche a livello di singoli artisti, l’evoluzione molto chiara: il consumatore è semplicemente meno interessato ad acquistare
/ possedere un ulteriore oggetto e dà più valore all’esperienza vera e propria ed evitando di riempirsi la casa di un ennesimo
prodotto fisico. Un concerto vale molto di più di un cd o di un album scaricato. A questo livello di reddito e di esperienza
acquisita nel consumo dei beni, il consumatore presenta bisogni complessi che vanno ben oltre la funzionalità dei prodotti,
oltre anche alle valenze emotive dello stesso, ma che richiedono una serie di esperienze disegnate attorno al cliente: una
«store experience», un viaggio di storytelling nella scoperta dei contenuti del Brand che renda la completa esperienza di
marca ancora più enjoyable. Questo nuovo stile di consumo è uno tsunami che sta per cambiare per sempre il mondo del Retail,
anzi in realtà l’ha già cambiato.
Visti i quattro stili di consumo, lo spunto che voglio proporre è il seguente: tutti questi Paesi sono davvero cosi diversi dal punto di vista degli stili di consumo oppure semplicemente attraversano fasi diverse della stessa storia? Non è che per caso il Laos e la Cambogia tra 5 anni saranno il Vietnam, le Filippine e l’Indonesia, tra 10 saranno la Malesia e la Tailandia, tra 15 simili alla Cina, tra 20 la Corea e Taiwan e tra 30 come il Giappone, l’Australia e l’Occidente?
Ma, senza andare fino in Asia, perché sorridiamo di fronte al modello di consumo di «arraffare ed esibire?». Forse perché non appartiene più ad alcuni di noi. Ma non ci appartiene più come Paese (davvero in Italia nessuno segue questo stile di consumo?) non appartiene alla nostra generazione (forse questo era lo stile di consumo dei nostri genitori?) o non ci appartiene più come individui (forse una volta eravamo cosi, ma ci siamo “evoluti”)?
La conclusione è che i consumatori di tutto il mondo evolvono lungo la stessa curva, ma in tempi diversi. Evolvono tutti verso questo punto di arrivo: non necessariamente possedere più cose, ma consumarle meglio, passando a stili di consumo più esperienziali. E ci arrivano solo dopo essere passati dai precedenti stili di consumo. Quello che differenzia i consumatori gli uni dagli altri è desiderare queste cose in momenti diversi, per questo ci sembrano molto diversi tra loro. In realtà stiamo tutti viaggiando sulla stessa curva in momenti diversi. E tutti evolvono verso uno stile di consumo esperienziale che richiede di andare oltre il marketing tradizionale, arricchendolo di elementi non tradizionali di marketing: customer experience, storytelling, digital contents e sostenibilità.
* Vice President / General Manager Aveda Asia Pacific
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