La seconda edizione del Milan Economic Graph conferma un assunto per altro ben noto: il capoluogo lombardo è il centro più importante della Penisola in termini di dinamismo economico e lo è soprattutto per ciò che concerne il mercato del lavoro. Lo studio presentato qualche settimana fa da LinkedIn, il più grande social network di classe business del mondo (530 milioni di utenti a livello mondiale, di cui 10 milioni in Italia), ha scattato un’interessante fotografia dell’andamento della domanda e dell’offerta di profili aziendali e professionali partendo dall’analisi dei dati, relativi al bacino milanese, pubblicati online.
I numeri più interessanti li elenchiamo di seguito: oltre 945mila professionisti presenti sulla piattaforma, il 14% in più rispetto all’anno scorso, 108mila aziende rappresentate (il 12.5% in più) e oltre 9mila offerte di lavoro, il doppio rispetto a quelle rilevate nella passata edizione. Negli ultimi 12 mesi, in tutta l’area metropolitana di Milano, si sono calcolate circa 45mila nuove assunzioni grazie in particolare all’effervescenza del settore dei servizi professionali e di quello tecnologico, che insieme contribuiscono a un terzo dell’aumento occupazionale.
Anche le statistiche inerenti le offerte di lavoro presenti sulla piattaforma confermano queste due categorie nelle prime due posizioni, davanti al comparto «retail & consumer products» e al mondo dei servizi finanziari e assicurativi. Dalla mappatura digitale elaborata da LinkedIn, infine, emerge come Milano risulti essere uno snodo centrale nella migrazione di talenti non solo per il mercato italiano (Roma, Perugia, Napoli e Bari le principali città di provenienza), ma anche per il panorama europeo, verso la Svizzera, l’Inghilterra, la Spagna, la Germania e l’Olanda.
La valenza dello strumento social quale punto di incontro fra domanda e offerta, e lo ha ribadito Valerio Iossa, Responsabile delle Risorse Umane del Comune di Milano, è tale anche in ambito pubblico. Almeno rispetto all’esperienza avviata dall’ente del capoluogo lombardo in collaborazione con la stessa Linkedin per trovare nuovi talenti da assumere in posizioni manageriali di rilievo all’interno dell’apparato istituzionale.
Come ha spiegato al Sole24ore.com il capo di LinkedIn in Italia, Marcello Albergoni, l’indagine conferma come, nel comportamento dei professionisti milanesi sul social network, vi sia un allineamento alle dinamiche internazionali. «L’accelerazione imposta dal digitale ha dato un evidente impulso alle professionalità legate alle nuove tecnologie, dai data scientist agli sviluppatori di interfacce. Basti pensare che sui circa 950mila figure presenti su LinkedIn nell’area di Milano, il 30% appartiene alla sfera digitale». La crescita di domanda di profili utili per la trasformazione tecnologica delle imprese, dei loro processi operativi e organizzativi, dei loro modelli di business, è quindi una tendenza consolidata. E lo skill gap di competenze sbandierato da più parti?
Secondo Albergoni «è un fenomeno in parte da sfatare, perchè ciò che limita lo sviluppo dell’innovazione è soprattutto la difficoltà di far incontrare domanda e offerta di figure e professionalità legate alle nuove tecnologie. Sulla nostra piattaforma raddoppia la domanda di posizioni lavorative e una buona parte di queste sono digitali: il vero gap rimane di natura culturale». Le contromisure per evitare dispersioni ed inefficienze non mancano e una parte rilevante nella soluzione del problema la gioca il top management. E ancora di più chi in azienda ricopre ruoli di leadership. «Sono i leader ad ispirare collaboratori e colleghi trasmettendo loro entusiasmo e passione, ad esprimere i valori della cultura aziendale attraverso virtù quali trasparenza, chiarezza e capacità di risposta».
La capacità di attrarre e trattenere i talenti rimane in buona sostanza in carico alle persone e alla capacità dell'azienda di presentarsi, comunicare e definire un’identità anche sui canali digitali. «In presenza di una cattiva leadership – osserva in proposito il manager di LinkedIn - il talento è portato ad abbandonare l’azienda e se si opera sui social occorre farlo in modo adeguato e con contenuti di qualità».
Quanto alla ricetta da suggerire ai professionisti con una certa esperienza lavorativa, l’ingrediente di sostanza per affrontare il cambiamento in atto è essenzialmente uno: la formazione. «Si tratta dello strumento più efficace – conclude Albergoni - per adattarsi ed evolvere in un mercato che si sta trasformando e chiede nuove professionalità. Il manager con 20 anni di carriera alle spalle, in particolare, deve diventare un inspirational leader, rivedere le sue competenze, aggiornarle, senza timore di ripercorrere passi all’indietro e cambiando pelle, se necessario».
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