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L’ufficio tradizionale? Entro i prossimi 10 anni sarà un ricordo

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il lavoro che cambia

L’ufficio tradizionale? Entro i prossimi 10 anni sarà un ricordo

Più della metà delle imprese italiane, il 57% per la precisione, ha intenzione di offrire nei prossimi anni ai propri dipendenti modelli di lavoro più flessibili, fornendo loro sistemi per accedere in modo sicuro ai dati aziendali da remoto. Lo dice uno studio della società di ricerche Pac (CXP Group) condotto in collaborazione con Fujitsu che ha analizzato un campione significativo di responsabili decisionali di alto livello di aziende pubbliche e private in Europa, Oceania e Nord America. Studio secondo cui le organizzazioni della Penisola sono anche tra le più aperte in Europa nel permettere ai propri addetti di utilizzare qualsiasi dispositivo desiderino per accedere alle applicazioni e ai servizi dell’azienda.

Smart working e Byod, acronimo per altro andato in disuso (sta per Bring your own device) negli ultimi due anni, sono insomma dei fenomeni che segneranno le dinamiche operative di molte imprese, vuoi per la possibilità di lavorare da casa concessa a selezionati dipendenti, vuoi per la possibilità di utilizzare smartphone, pc o tablet personali per portare avanti le attività di business. La tendenza è nota, vi sono esempi anche illustri di applicazione del lavoro intelligente (vedi Barilla, che ha lanciato il proprio progetto di smart working nel 2013 e punta a coinvolgere tutti i lavoratori entro il 2020, linee produttive escluse) e la percezione che le attuali «pratiche lavorative» non siano sufficientemente flessibili per ottenere il massimo dai propri organici è sempre più diffusa e interessa nello specifico il 75% delle imprese italiane campione.

Nel corso del prossimo decennio, questo l’assunto, il concetto di impiego a tempo pieno in un ambiente d’ufficio tradizionale diventerà via via un ricordo del passato. Entro il 2025, si legge ancora nello studio, i “millennial” rappresenteranno oltre il 50% della forza lavoro in Italia, ridefinendo la cultura aziendale attorno a modelli più flessibili, maggiore apertura alla collaborazione e focalizzazione sui dati come linfa vitale del business. E sarà proprio l’ingresso in azienda di figure più recettive dei paradigmi della rivoluzione digitale a fare da driver per lo sviluppo di organizzazioni più aperte e orientate a una gestione del personale svincolata da schemi rigidi. Già oggi, secondo l’indagine, il 40% delle società in Italia sta cambiando le politiche per migliorare la condivisione delle conoscenze tra diverse generazioni di dipendenti, anche se resta il problema di come scaricare a terra il potenziale dei workplace di nuova generazione.

Le aziende italiane, infatti, si sentono inadeguate per quanto riguarda alcune strategie sull’ambiente di lavoro. Il 98% degli intervistati, in particolare, ha evidenziato come l’odierna complessità della tecnologia dell’ambiente di lavoro stia limitando il potenziale e l’operatività dei dipendenti. L’84% ha affermato invece come l’elevato logoramento del personale rappresenta una sfida per la produttività. Serve quindi intervenire, per invertire quel generale senso di sfiducia verso le attuali strategie legate ai workplace che accomuna tante aziende e per dare credito al fatto che, come ha osservato Bruno Sirletti, presidente e Ceo di Fujitsu Italia, «circa un quarto dei manager e responsabili Icrt italiani ha messo in stretta correlazione l’ambiente di lavoro con la competitività dell’azienda alla luce del nuovo scenario digitale. Per questo – suggerisce il manager - occorre creare le condizioni per poter essere produttivi indipendentemente dall’ufficio fisico in cui i dipendenti si trovano».

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