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Il «caso Mifid 2»: quando i numeri diventano…

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sbagliando si impara

Il «caso Mifid 2»: quando i numeri diventano emozioni...

Mi capita, tra le altre cose, di lavorare con oncologi e pediatri che non si capacitano del fatto che i loro pazienti - pur pazientemente (appunto) edotti del fatto che la Maga Ubalda che consiglia il bicarbonato come elisir di lunga vita e che “assuocuggino” che nega l’importanza dei vaccini non poggino le loro affermazioni su dati dimostrabili - non “si fidino” della scienza e della statistica. Insomma: che non si fidino dei numeri, preferendo affidarsi a santoni, tronisti e improbabili opinionisti. Concludendo, gli stessi oncologi e pediatri, che gli italiani sono stupidi e ignoranti.

Io, con altrettanta pazienza, li informo che il problema non è la nazionalità ma la razionalità. E che ben 2 premi Nobel per l’Economia (2002 Kahneman, 2017 Thaler) ci hanno spiegato che l’Homo Economicus (e quindi l’Homo Sapiens Sapiens) non esiste, compiutamente, in natura. E che spesso i numeri non sono numeri: sono emozioni. Quindi il tema diventa un altro: come si parla con dei pazienti che non si fidano dei numeri proprio perché «vivono altrove».

Coaching e maieutica

Un caso analogo caso è quello che oggi coinvolge migliaia di consulenti finanziari di banche e reti: la normativa MIFID 2. In sostanza, fra le altre cose, la nuova normativa prevede che i costi della consulenza vengano rendicontati non solo in percentuale (il tal fondo ha un management fee del 2 % annuo) ma anche in valore assoluto (per 10.000 euro la gestione costa 200 euro all’anno). E inoltre che si debba comunicare l’ammontare totale annuo di tutte le operazioni fatte (quindi, chi avesse fatto dieci operazioni da 10.000 euro si vedrà addebitare 2.000 euro).

Bene: che cosa è cambiato? Nulla, in sostanza. La moltiplicazione e la somma sono operazioni che tutti abbiamo imparato in prima elementare prima delle vacanze di Natale. Eppure non è così, per l’incompleto Homo Sapiens Sapiens: la percentuale non è (emozionalmente) uguale al valore assoluto e la somma non è (emozionalmente) uguale agli addendi.

Una ricerca IPSOS svolta nel 2017 ci rende edotti che «nell’ipotesi di masse in advisory per 80.000 euro, ben il 12% dei clienti sarebbero disposti a pagare fino al 5% di commissioni per un servizio di alta qualità. Ma quando lo stesso valore viene espresso in euro (€ 4.000) solo il 7% dei clienti farebbe la stessa scelta». E pensate a un cliente che abbia fatto dieci identiche operazioni in un anno e che “scopra” di aver pagato 40.000 euro di commissioni (magari con prodotti che hanno reso poco o niente o addirittura con un rendimento negativo) “improvvisamente”. Improvvisamente? I costi erano evidenziati già prima, in percentuale, operazione per operazione.

Quindi davvero è cambiato solo il modo di rappresentarli. Oncologi e pediatri sarebbero già impazziti a questo punto (per tacere degli ingegneri e dei matematici). Eppure è cambiato tutto: 5% sulla singola operazione è “poco”, mentre 4.000 euro è una ricca vacanza a Formentera. E 40.000 euro un’automobile…bella! Tutto qui: pur parlando della stessa cifra, stiamo parlando di cose diversissime. O, meglio, stiamo vivendo su due piani diversi: quello della ragione e quello delle emozioni. E i due Premi Nobel sopra citati hanno dimostrato che il secondo piano, specie quando si parla di costi, prevale nei giudizi e nelle decisioni.

Le recenti polemiche sul costo di 1 centesimo di euro per i sacchetti per la frutta non sono indicative? E la risposta che si tratta in realtà di un costo di appena 12 euro all’anno, per le famiglie che vanno al supermercato tutti i giorni, e che in realtà l’avevano sempre pagato, li ha forse convinti? La mia impressione è che i consulenti finanziari (un poco rassegnati al cataclisma – MCKinsey ha recentemente stimato che 12 miliardi di euro di risparmi degli italiani cambieranno consulente e/o Banca –, un poco fiduciosi che tanto, riguardando tutti, non riguarderà nessuno) stiano facendo lo stesso errore cognitivo di oncologi e pediatri: concentrarsi sui numeri quando si tratta di ben altro.

Nella fattispecie vanno a calcolare se i loro costi siano più o meno alti rispetto a quelli della concorrenza, progettano cambi di prodotti che li facciano trovare nei primi mesi del 2019 (quando i clienti riceveranno il primo rendiconto annuale) con i costi più bassi…insomma: guardano dalla parte sbagliata. MIFID2 non è un tema di costi esplicitati in euro, ma uno stress-test sulla fiducia personale cliente/consulente: «ho fatto bene a fidarmi di te?». Quando si comprenderà che questo è il vero campo di battaglia si sarà già a metà dell’opera.

Un altro grande pezzo di strada lo si sarà fatto quando si sarà riflettuto davvero sulle implicazioni degli studi di Economia e Finanza comportamentale dei Premi Nobel già citati. E l’ultimo miglio riguarderà i tempi e i modi e le parole da usare con i clienti. Ma questo richiederebbe un altro articolo.

* Partner Newton Management Innovation Spa

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