Prendiamo la definizione di Impresa 4.0 più accreditata: l’innovazione 4.0 non sta nell’introdurre un macchinario all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, ma nel sapere combinare diverse tecnologie e in tal modo integrare il sistema di fabbrica e le filiere produttive in modo da renderle un sistema integrato, connesso, in cui macchine, persone e sistemi informativi collaborano fra loro per realizzare prodotti più intelligenti, servizi più intelligenti e ambienti di lavoro più intelligenti. Industria 4.0 è un cambio di paradigma, un modo per portare un po’ di innovazione all’interno delle aziende italiane che devono colmare i gap rispetto alle tecnologie disponibili sul mercato.
Queste nuove tecnologie produttive, definite tecnologie abilitanti, sono suddivise in 9 macro-categorie:
1) Advanced manufacturing solution: sistemi avanzati di produzione. In queste tecnologie rientrano i sistemi di movimentazione dei materiali automatici e la robotica avanzata con i robot collaborativi.
2) Additive manufacturing: sistemi di produzione additiva (stampa 3D).
3) Augmented reality: sistemi di visione con realtà aumentata per supportare gli operatori nello svolgimento delle attività quotidiane.
4) Simulation: simulazione tra macchine interconnesse per ottimizzare i processi.
5) Horizontal e vertical integration: integrazione e scambio di informazioni, in orizzontale e in verticale, tra tutti gli attori del processo produttivo.
6) Industrial internet: comunicazione tra elementi della produzione all’interno dell'azienda, ma anche all’esterno grazie all’utilizzo di Internet.
7) Cloud: implementazione di tutte le tecnologie cloud come lo “storage online” delle informazioni, l’uso del “cloud computing” e di servizi esterni di analisi dati, ecc.
8) Cyber-security: presidio della sicurezza delle informazioni e dei sistemi che non devono essere alterati dall’esterno a causa delle nuove interconnessioni.
9) Big Data Analytics: tecniche di gestione di elevate quantità di dati attraverso sistemi aperti che permettono previsioni o predizioni.
Queste nuove tecnologie avranno un impatto profondo su quattro direttrici di sviluppo:
a) L’utilizzo dei dati, la potenza di calcolo e la connettività e quindi dai Big Data all’IoT (internet delle cose).
b) Il valore che emerge dai dati, di cui oggi le imprese riescono a utilizzare solo l'1%.
c) L’interazione tra l’uomo e la macchina;
d) Il passaggio dal digitale al “reale”.
Nell’ ultimo “The Future of Jobs” del World Economic Forum si afferma che questo modo di cambiare l’impresa potrebbe comportare una perdita di posti di lavoro o, addirittura, “spegnere le luci della fabbrica”. Non è questo, però, il modo di affrontare un cambiamento che comunque è in atto e che, se gestito nel modo corretto, può rappresentare, piuttosto, un’opportunità enorme. Il vero problema è un altro: il personale presente oggi in azienda possiede competenze non adeguate ai nuovi processi produttivi.
Il tema centrale sembra essere quello della riqualificazione. Servono non tanto nuove regole del lavoro, ma un piano per l’alfabetizzazione digitale degli adulti, per aggiornare la forza lavoro. In futuro il lavoratore non lavorerà più principalmente in azienda, con ritmi e modalità di presenza del passato, ma a progetto oppure a risultato. Probabilmente sarà un lavoratore che avrà più datori di lavoro, dando vita a logiche di co-employment, di reti di impresa in cui la differenza tra piccola e grande azienda sarà sfumata, poiché le aziende avranno bisogno di cervelli che siano in grado di connettere anche realtà più grandi: l'agilità sarà un fattore decisivo.
Stiamo interpretando correttamente cosa significa lavoro agile e intelligente? Stiamo ragionando sulla digitalizzazione del lavoro, su come cambiano i mestieri ed i compiti, le professioni, i processi produttivi, la produttività, la formazione continua? Per rispondere a queste domande dovremmo affrontare il nostro sistema giuridico, che inquadra le persone in impiegati, quadri, operai o dirigenti. Nell’impresa intelligente, invece, secondo le previsioni che giuristi ed economisti stanno elaborando, scompariranno alcune figure, poiché saranno le macchine ad eseguire i lavori esecutivi e ripetitivi.
Ciò di cui le imprese avranno davvero bisogno sarà la creatività. Le persone creative, però, non rispondono a ordini e direttive, vanno invece motivate. La stessa differenza tra operai e quadri è destinata a cambiare e probabilmente anche le figure dirigenziali subiranno modifiche perché sempre più vi sarà bisogno – così emerge dai rapporti su Industria 4.0 – di leadership diffusa.
Quale sarà la figura chiave di questi processi, quella che saprà accompagnare e coadiuvare le imprese nel controllo, nelle decisioni e nelle interpretazioni di questa nuova realtà? Sarà una figura con caratteristiche di creatività, che sappia generare contesti di scambio e innovazione: è leader chi porta cambiamento e chi sa leggere l’innovazione. L’impresa 4.0 può portare rischi occupazionali, di conflitto, di tensioni, di bassa inclusione, ma è anche una sfida da cogliere, non solo per incrementare la produttività e l’efficienza, ma per fare in modo che queste siano incentrate sulla valorizzazione delle persone, dei territori e delle competenze.
* Partner Newton Management Innovation Spa
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