Una valuta molto volatile può causare una serie di problemi per l’economia che la utilizza, ma questo non sembra essere il caso della valuta europea, che nel tempo ha mostrato fluttuazioni di entità non allarmanti rispetto alle altre principali valute internazionali. L’attuale valore dell’euro rispetto al dollaro è molto vicino a quello che le due monete avevano nel 1999 quando l’euro è stato introdotto e molto vicino alla media storica che risulta essere di 1,21 (dati Banca Centrale Europea).
La ragione principale dell’attenzione all’andamento dell’euro da parte dell’opinione pubblica riguarda l’effetto che questo può avere sulla competitività delle merci italiane e europee e sulle esportazioni dei paesi dell’eurozona. Si tratta di preoccupazioni fondate? In realtà sempre meno, per varie ragioni. La relazione fra i tassi di cambio e la competitività è sempre più incerta. È aperto il dibattito, anche nelle principali istituzioni internazionali (come il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale) sulle possibili modifiche negli ultimi anni della relazione tra scambi internazionali e fluttuazioni dei tassi di cambio.
Un legame apparentemente meno forte si è riscontrato in tutti i principali paesi dell’economia mondiale: la svalutazione dello yen giapponese degli scorsi anni non ha fatto ripartire le esportazioni giapponesi (né l'inflazione interna del paese) nella misura attesa; il disavanzo commerciale americano non pare reagire alle variazioni del cambio del dollaro; l’export dei paesi UE al di fuori dell’area europea mostra un trend crescente che sembra poco legato all’andamento del tasso di cambio dell’euro.
Un ruolo importante nel modificare il rapporto tra andamento degli scambi e tassi di cambio lo ha avuto lo sviluppo di reti produttive internazionali e la de-nazionalizzazione della produzione di molti beni e servizi. Molti studi mostrano la crescita e la diffusione delle catene globali di produzione negli ultimi anni, in tutti i settori e paesi. Anche se alcuni indicatori recenti sembrano mostrare un ridimensionamento del fenomeno, in realtà l’accorciamento delle catene produttive per ora riguarda solo alcuni casi specifici. Nei paesi avanzati il coinvolgimento nelle catene produttive internazionali continua ad essere piuttosto elevato.
Se un paese è fortemente coinvolto in processi di produzione internazionale, solo una quota del valore dei beni esportati è prodotta internamente e la produzione di beni per l’esportazione è fortemente dipendente dalle importazioni di beni intermedi che vengono incorporati. Attualmente per molti paesi, in particolare per quelli europei, la quota di valore aggiunto estero incorporato nelle proprie esportazioni tramite l’impiego di input intermedi e lo svolgimento di fasi produttive all’estero è in media tra il 20 e il 30 per cento del valore del prodotto finale.
In questa situazione di produzioni propriamente transnazionali, un deprezzamento della valuta nazionale può influenzare la competitività di prezzo solo di una parte del valore dei beni esportati, mentre aumenta i costi degli input utilizzati. Dunque, in questo contesto, a parità di strategie di determinazione dei prezzi da parte delle imprese in presenza di variazioni dei cambi, l’effetto meccanico di miglioramento (o di peggioramento) della competitività di prezzo ottenuto con un deprezzamento (o con un apprezzamento) risulta ridotto almeno del 20 o 30 per cento.
Ovviamente le reti produttive internazionali non sono l’unico fattore della diminuita sensibilità del commercio internazionale all’andamento delle valute, ma ne spiegano una quota importante. In generale, con la crescente presenza di prodotti complessi «made in the world» nei panieri d’acquisto dei consumatori nei paesi avanzati e emergenti, che richiedono per la produzione competenze specifiche reperibili in aree e paesi diversi, l’affermazione di un prodotto sui mercati internazionali è sempre meno una questione di prezzo e tassi di cambio favorevoli.
Un effetto rilevante i tassi di cambio possono averlo oggi piuttosto nel favorire o meno la stabilità del sistema. In un contesto in cui la frammentazione internazionale della produzione ha generato una complessa rete economica internazionale, con forte integrazione tra economie e tra settori produttivi, tra manifattura e tecnologie di comunicazione, tra servizi di trasporto e finanza, l’incertezza e l’esposizione agli shocks possono risultare più elevate.
* Docente di Politica Economica alla School of Management del Politecnico di Milano
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