Fiducia. Politici, manager, imprenditori e persone comuni ne parlano spesso come di un’indispensabile condizione, un capitale intangibile necessario per il funzionamento della società civile, del mercato, di un’impresa, di una bocciofila. Insomma: è una parola molto usata, forse abusata. Ma di che cosa stiamo parlando davvero, quando parliamo di fiducia? Volendo cercare nella letteratura le possibili risposte, ci si imbatte in una bibliografia imponente ed in analisi sviluppate con prospettive ed in ambiti di ricerca i più diversi (politico, sociologico, aziendale, psicologico).
Nella sua raccolta «Trust: Making and Breaking Cooperative Relations», Diego Gambetta, all’interno del saggio «Can We Trust Trust», elabora una delle definizioni fondamentali della fiducia, ovvero: «L’atteggiamento verso un’altra persona basato sulla convinzione che questa non farebbe nulla contro di noi anche se ne avesse la possibilità e ne potesse trarre un vantaggio personale». Molti dei saggi contenuti nel libro di Gambetta tendono poi a dimostrare che la fiducia dipende anzitutto dalla capacità di scoprire o formulare interessi comuni e, in secondo luogo, dall’esistenza di relazioni di cooperazione, invece che esserne una precondizione. Detto diversamente, non è da una preesistente e miracolosa fiducia che nascono relazioni cooperative ed obiettivi comuni fra persone ma, appunto, avendo obiettivi comuni e cooperando per realizzarli, un poco alla volta, si genera fiducia.
Quindi, per cominciare subito a fissare dei punti:
1. Mi fido di te se penso che non mi “fregheresti” anche se ne avessi la possibilità e ne traessi vantaggio.
2. È inutile invocare o addirittura pretendere una fiducia “a priori” da parte di qualcuno, poiché la fiducia ha bisogno di tempo, di obiettivi e interessi comuni e di prove continue di “collaborazione”.
Se oltre alla letteratura si prova a far riferimento anche alle proprie concrete esperienze individuali rispetto al tema “fiducia”,
domandandosi in particolare «quando, in quali circostanze sento il bisogno di fidarmi del mio interlocutore, ed anzi tale
fiducia è indispensabile per ottenere/scambiare una prestazione?», mi pare che le dimensioni rilevanti siano, in prima approssimazione,
due:
1. L’ottica temporale della relazione (breve o lungo periodo, una tantum o continuativa).
2. La complessità della prestazione e/o della relazione.
Diciamo subito che, in generale, in relazioni “istantanee” e contemporaneamente semplici, la fiducia tra le parti non è necessaria. Non ho bisogno di fidarmi del benzinaio che “occasionalmente” mi fa benzina per ottenere il pieno: anche se non mi fido, otterrò la benzina ugualmente, al limite servendomi al self-service. Quando invece una relazione (talvolta anche nel breve periodo, ma soprattutto nel lungo) è complessa, una qualche forma di fiducia risulta indispensabile.
Se ora riflettiamo sulla “natura” della nostra fiducia, ovvero poniamo attenzione al suo oggetto, la distinzione che balza agli occhi è quella fra una fiducia, per così dire, centrata sulla “persona” ed una fiducia centrata sulle “competenze” della persona. Mi spiego meglio: posso per esempio fidarmi completamente del mio medico di famiglia, oppure del chirurgo che occasionalmente mi deve operare, in quanto scommetto sul fatto che sappiano diagnosticare la mia malattia e quindi suggerirmi/praticarmi le terapie giuste, senza sentire nel contempo la necessità di dovermi fidare di loro in quanto individui. Sono meri fornitori di una soluzione. Al contrario, posso fidarmi invece totalmente di un amico, senza nel contempo sentire la necessità di dover avere una fiducia specifica sulle sue capacità culinarie.
Per essere più chiaro ancora: nel caso del medico confido che sia in grado di risolvere il mio specifico problema di salute; nel caso dell’amico confido invece nel fatto che, in qualche misura, “tenga a me”, che si preoccupi per me “a priori”, desideri il mio “bene” e non solo la mia salute, qualunque cosa questo “bene” di volta in volta possa significare per me.
In certi altri rapporti, il piano professionale e quello personale si intersecano, cioè si sente la necessità di fidarsi sia delle competenze specifiche che della persona in quanto tale: è il caso tipico del rapporto di partnership che si può avere con un collega, con un socio, con un collaboratore, con certi fornitori e certi clienti o con il proprio leader. E se dobbiamo collaborare per una scopo comune, in particolare, questo tipo di fiducia diventa indispensabile. Insomma: la Fiducia è una complessa necessità. Per vivere. Una necessaria scommessa con tante dimensioni. Ed imparare a darla è quasi più importante che riuscire ad ottenerla. Capendo quanto è indispensabile per vivere e lavorare bene.
* Partner Newton Spa
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