Guidare il cambiamento organizzativo con una visione più aperta, contrassegnata da maggiore libertà operativa per i dipendenti e maggiore semplificazione dell’ambiente lavorativo. Il compito di Ceo e top manager, sulla strada di un'azienda ridisegnata in alcune componenti strategiche per vincere la sfida della trasformazione (digitale e non solo), passa attraverso due elementi chiave: autonomia e collaborazione. Lo dice una recente ricerca di Asterys, network internazionale attivo nel campo dell’executive coach, secondo cui due terzi dei dirigenti delle grandi multinazionali intervistati è dell’idea che gli addetti avranno la capacità di autogestirsi, più della metà (il 57%) confida in team più indipendenti nel definire strategie e obiettivi e il 75% si aspetta cooperazione anche fra gruppi di dipartimenti diversi.
Dal confronto fra le risposte dei vertici aziendali e quelle degli 800 impiegati coinvolti nell'indagine fra Europa (Italia compresa) e Stati Uniti, emerge dunque chiaramente come i business leader abbiano un approccio particolarmente “open” e votato alla trasformazione organizzativa, in molti casi in misura maggiore rispetto ai propri dipendenti. E non a caso la prima area in cui il management si aspetta un cambiamento tangibile e proficuo è proprio la collaborazione fra team diversi.
C’è però una dicotomia di vedute evidente circa il livello delle direttive top-down: nel caso degli addetti si registra una sostanziale equità fra coloro che si aspettano di ricevere istruzioni e indicazione chiare dal top management e coloro che credono che verrà concessa loro maggiore autonomia; il 66% dei top executive, invece, si dice sicuro del fatto che i dipendenti - guidati e supportati dai manager - avranno la possibilità di autogestirsi. La differente percezione dell’organizzazione aziendale che verrà, in ogni caso, non getta ombre sul forte orientamento del management verso modelli organizzativi più flessibili e meno gerarchici, anche considerando altri aspetti cruciali della vita aziendale.
Secondo il 70% delle figure di vertice, per esempio, l’ambiente di lavoro sarà regolato da sistemi dinamici e processi agili e si specchierà (nel 68% dei casi) nella presenza di un feedback continuo sia individuale che di team tra pari livello in luogo del classico sistema strutturato di valutazione annuale delle performance. Un altro parametro che conferma come la classe dirigente sia aperta al cambiamento organizzativo e alla responsabilizzazione dei dipendenti accomuna il 61% dei manager intervistati, ottimisti circa il fatto che le aziende, in un’ottica di creazione di valore, saranno sempre più attente ai bisogni di tutti gli stakeholder chiave (dipendenti, azionisti, fornitori e altri soggetti) e non solo a quelli dei clienti, che restano comunque un target cruciale.
Gli unici aspetti su cui il top management ha fornito risposte più “prudenti” e conservatrici rispetto a quelle dei loro collaboratori riguardano le decisioni ad alto rischio, la struttura retributiva e la responsabilità delle performance e per le questioni finanziarie. Solo il 34% di Ceo ed executive, nello specifico, afferma che i dipendenti avranno la capacità di assumersi rischi e il supporto per farlo, mentre ben quattro manager su cinque si aspettano che la remunerazione resti basata su livello gerarchico, anzianità e risultati individuali invece che su una struttura di compenso più livellata e basata sulla partecipazione di tutti agli utili dell’azienda.
Rigidità che, secondo Giovanna D’Alessio, Partner Asterys, non modificano la tendenza in essere. «Ai partecipanti all’indagine - spiega l’esperta - è stato chiesto di immaginare come sarà l’azienda ideale del futuro, invitandoli a scegliere lo scenario che dal loro punto di vista avrebbe meglio caratterizzato un'organizzazione di successo e capace di tirar fuori il meglio da chi lavora. È quindi significativo che il management dimostri grande propensione al cambiamento, attraverso una visione che mira a superare burocrazia, gerarchia, mancanza di collaborazione e avversione al rischio, e di conseguenza può influenzare positivamente le prestazioni e la qualità della vita sul posto di lavoro». La strada per l’azienda del futuro, insomma, passa (anche) dalla capacità di “organizzare” la condivisione.
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