Due anni fa ho deciso, dopo moltissimi anni in azienda, di aprire una mia società. Ho deciso di fare questo passo e di lasciare, quindi, la mia zona di comfort. Mi sono raccontata - e ho raccontato - per mesi di non aver incontrato nessuno per cui valesse la pena lavorare. Nessun possibile nuovo capo. Non ho mai voluto lavorare per qualcuno che non stimassi e così la scelta è stata quasi ovvia.
Ma questa, in realtà, era solo una delle tante motivazioni. Quella più importante, forse, era la voglia di dimostrare che ero in grado di creare qualcosa senza avere dietro alle spalle un grande e famoso brand. Perché dopo aver ricoperto un ruolo di rilievo all’interno di una azienda importante, la domanda sorge quasi spontanea: sarà anche merito mio o dipende tutto dal nome che c’è, accanto al mio, sul bigliettino da visita? E ancora, gli altri mi trattano per quello che sono o per quello che rappresento?
Ripartire da zero, inutile negarlo, è una sfida. E senza uno sponsor alle spalle ho dovuto fare i conti con le risposte a quelle due domande. Non basta una buona idea per fare successo. È indispensabile saperla implementare, avere una strategia, una copertura costi adeguata e il modello deve girare economicamente. È indispensabile, prima di tutto, avere chiaro il budget. Conoscere i costi e poi capire se il modello che abbiamo immaginato sarà in grado di produrre fatturato a sufficienza e in particolare quando. Perché la startup si può finanziare, ma fino a un certo punto. E non è detto che il finanziamento che abbiamo pianificato all’inizio resti poi resti stabile nel tempo.
Passare da manager a imprenditore, però, non è impossibile, ma serve un cambiamento di approccio al modo di lavorare e, soprattutto, di visione nel medio e lungo periodo. Io penso che sia un’esperienza che tutti i manager di azienda dovrebbero fare perché cambia di molto le prospettive e molti aspetti che in azienda si danno per scontati, di fatto non lo sono e vengono certamente più apprezzati.
* Managing Director di EasyHunters
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