Non esiste, in Italia, un altro posto come questo. Un posto dove nei capannelli tra i dipendenti, pochi metri fuori dal cancello d’ingresso, si possono rubare brandelli di conversazione sull’opportunità di crescita e di carriera trasferendo armi e bagagli a Lodz, in Polonia, o a Yate, nel Regno Unito. Whirlpool è una delle poche realtà multinazionali che ha scelto Milano non come semplice «bandiera» logistico-direzionale, ma come sede principale da cui dirigere tutto il mercato Emea. Pero, il quartier generale, è un posto dove in mensa, in coda con il vassoio, può capitare di sentire parlare fino a 16 lingue diverse contemporaneamente, anche grazie a un approccio consolidato alla job rotation per valorizzare i talenti interni.
All’ultimo piano di questi uffici, Ryme Dembri, vicepresidente di Whirlpool Emea, ha la responsabilità di gestire le carriere e la vita lavorativa non solo degli impiegati e dei manager del quartiere generale, ma di circa ventunmila persone, sparse nelle fabbriche e negli uffici d’Europa, Africa e Medio Oriente. «Posti che hanno importanza», come recita una recente campagna di promozione della stessa Whirlpool. Dembri riconosce le diversità, anche culturali, che compongono il corpo europeo di Whirlpool. Una alterità che marca le distanze innanzitutto dalla matrice Usa della multinazionale, nonostante, inevitabilmente, ci siano tracce di questo nella ricerca costante di standardizzazione e flessibilità all’interno dell’organizzazione. «C’è il mito per cui le aziende americane vedono l’Europa come un unico grande paese - riconosce Dembri -, ma qui l’approccio è diverso; lavoriamo per armonizzare e valorizzare queste differenze. Di più: un’esperienza Emea è considerata, all’interno della nostra organizzazione, quasi obbligatoria per raggiungere determinati livelli nella catena di comando. Ed è raro trovare questa caratteristica in un’azienda americana».
Nonostante l’enfasi sulla multiculturalità, Pero (con le diramazioni Emea di Whirlpool) non è comunque una torre di Babele. Lo conferma lo sforzo di questi ultimi mesi, teso a creare un’unica piattaforma per la gestione del passaggio allo smart working. «Negli ultimi due anni abbiamo fatto alcuni tentativi - spiega Dembri -. Ora siamo pronti per una piattaforma comune per il mercato Emea, declinato ovviamente sulle diverse normative di ogni singolo paese». Due le linee guida che premono a Dembri: «da un lato - spiega - introdurre la possibilità di lavorare in remoto fino a due giorni al mese, dall’altro introdurre un orario flessibile di ingresso e di uscita dal lavoro». In Italia il grande lancio sta avvenendo in questi giorni, ovviamente non per la produzione, ma «intendiamo coprire la maggior parte delle funzioni» spiega la manager. La sede di Pero, nella quale Whirlpool ha investito circa 15 milioni in due anni, è già predisposta, con ampi spazi aperti e supporti elettronici di ultima generazione gestite da Google, per lavorare in team anche in remoto. Nella sola prima settimana di apertura del dossier, la proposta ha già raccolto il 60% delle adesioni. Gli impiegati potranno decidere, ma il management no. «Una volta presa la decisione, si parte senza esitazioni - spiega Dembri -. È un acceleratore culturale a tutti i livelli: non è importante quante ora stai al lavoro, ma gli obiettivi che raggiungi. E se vuoi crescere e restare attrattivo come lavoratore, lo smart working è un must». L’esigenza di flessibilità e di un maggiore bilanciamento vita-lavoro sono ormai un trend in Europa, «parliamo dei giovani, ovviamente - spiega Dembri -, ma sono loro che trainano il cambiamento culturale».
Gli stessi giovani con potenziale e apertura internazionale che grazie a un programma denominato fast track possono in 13 mesi sperimentare all’interno dell’organizzazione tutte le funzioni aziendali in diversi mercati regionali. «L’assessment è due volte all’anno - dice Dembri - è rivolto agli under 26, quasi al primo impiego». E per tutti gli altri ci sono oltre 300 moduli di formazione declinati in 16 lingue diverse ai quali si può accedere liberamente in qualsiasi momento della giornata. Ma la corsia d’accelerazione non passa solo per i white collar. Anche gli operai hanno la possibilità, e la responsabilità, di accelerare. Industria 4.0, spiega Dembri, «è una grande opportunità nella gestione delle risorse umane. La vedo come un ombrello per veicolare un certo numero di idee e comportamenti all’interno della nostra organizzazione. Quello che mi piace è che mette il lavoratore al centro, lo rende partecipe e responsabile del cambiamento continuo, perchè è l’operatore in linea che sa quali sono i punti dolenti, cosa è facile e immediato fare e cosa no. La produttività è un grande fattore di traino - conclude -, così come le competenze. In Whirlpool abbiamo cercato di tradurre tutto questo in strumenti molto visuali, chiamati stanze blu, all’interno delle fabbriche, che permettono di visualizzare obiettivi che il team può continuamente migliorare e aggiornare».
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