Gravi emergenze possono compromettere la sopravvivenza di aziende forti e competitive. L’impresa può essere colpita da emergenze esterne: default dello Stato e sconvolgimenti finanziari, scontri civili, atti terroristici, catastrofi naturali e pandemie che travolgono l’operatività dell’organizzazione e minano il morale dei lavoratori. Sono emergenze interne disastri ambientali, incidenti con vittime e scandali che distruggono anche il capitale fiduciario del brand. Come affrontare il senso di impotenza e di scoraggiamento dei collaboratori nel cratere organizzativo aperto da crisi improvvise?
Completate le operazioni di primo soccorso, tutte le funzioni aziendali impegnate nel disaster recovery sono chiamate a uno sforzo straordinario per affrontare uno scenario inedito: le unità impegnate nella gestione della continuità della produzione, della logistica e del commerciale, la funzione finanziaria e legale responsabile della resilienza amministrativa, il team coinvolto nella ricostruzione della reputazione aziendale. Qualsiasi soluzione per il salvataggio dell’azienda emergerà necessariamente dallo sforzo delle persone che decidono di rimanere nell’organizzazione, dall’impegno di quelle che accettano un ruolo manageriale o commerciale in un’azienda di cui, dopo il duro colpo subito, è incerta la stessa sopravvivenza e dalle idee della comunità che permetteranno il rilancio. Difficilmente l’organizzazione risorgerà dalle ceneri se non interverrà sul dato dello scoraggiamento dei collaboratori e sul pericolo di fuga dal cratere dei suoi migliori talenti.
L’obiettivo dei programmi di ripresa è ricostruire una funzionalità rinnovata e diversa in un ambiente sconosciuto, non necessariamente la modalità di funzionamento precedente. Ritrovare il senso di comunità e la propria rete sociale serve per vincere la paura. Le caratteristiche di una comunità che sia stata capace di superare un evento sono il benessere psicologico collettivo, una buona qualità della vita organizzativa, un’efficace interpretazione del ruolo da parte delle persone, dei gruppi e delle funzioni.
Se l’evento che ha compromesso la continuità aziendale è responsabilità di una persona, di un team o di un dipartimento dell’azienda, risanare l’impresa e rinnovarla significa accompagnare la comunità nella rielaborazione del senso collettivo di vergogna e di colpa, nell’accettazione e comprensione della propria fragilità e quindi nel processo di rinnovamento etico per un progetto di crescita. Faranno la differenza l’attaccamento all’azienda e i comportamenti di cittadinanza organizzativa.
Il senso di comunità comporta la capacità di impegno reciproco intorno a valori condivisi, un vissuto di connessione e condivisione, uno spirito di servizio e di rispetto, tutte priorità da coltivare se prima dell’evento non erano radici della cultura organizzativa capaci di far fiorire comportamenti positivi diffusi. L’attaccamento all’azienda è la connessione affettiva a una comunità che si fonda sull’interiorizzazione dell’aggettivo “mia”: la mia azienda.
Contraddicendo la necessità storica del dictator nei momenti di crisi, le ricerche e l’esperienza dimostrano il ruolo vitale della diversità di opinioni nella gestione delle fasi più acute dell’emergenza e, successivamente, nei momenti di ripresa. Di più: solo il superamento del pensiero unico permette a un gruppo, a una organizzazione e a una nazione di ritrovare le energie e le idee necessarie per ripartire. Senza una squadra di persone pronte a risolvere migliaia di casi sul terreno difficilmente sarà possibile rimettere in piedi gli stabilimenti produttivi di un’intera regione devastata da un terremoto, reale o metaforico.
Governare le avversità, recuperare il senso di autostima collettiva, promuovere la perseveranza, ridisegnare una prospettiva di felicità: dopo una grave crisi, non solo è possibile salvare l’azienda e i posti di lavoro, ma l’esperienza vissuta può essere valorizzata per costruire un’impresa e una società più innovativa e sostenibile.
* Partner di Newton S.p.A.
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