«Se prendiamo il dato mondiale, il 90% delle società sta già ridisegnando i job nelle strutture. In Italia, dove le organizzazioni sono molto più rigide, lo si può dire per un’azienda su due» . Drew Keith, human capital leader di Deloitte, riassume con l’immagine di questa rivoluzione organizzativa «l’impatto che la tecnologia ha sul lavoro», con una parte delle lavorazioni a basso valore aggiunto sopraffatte dall’automazione e un’altra che invece viene riconvertita a un livello più alto. Sulla dita di una mano, Keith conta le priorità dell’agenda dei capi delle risorse umane, raccontando quanto è emerso dal Deloitte human capital trends che ha coinvolto 10mila manager a livello mondiale, di cui il 63% nella funzione hr. Al primo posto, in Italia, come nel resto del mondo, svetta il learning. Le organizzazioni, soprattutto in Italia si stanno concentrando sulla riqualificazione delle persone che ormai riguarda un’azienda su due. Nelle posizioni successive della graduatoria la classifica si diversifica. Per il nostro paese seguono lo sviluppo della leadership, la mobilità dei talenti, la tecnologia delle risorse umane e l’esperienza dei lavoratori. A livello globale, invece, la classifica prosegue con l’esperienza dei lavoratori, lo sviluppo della
leadership, la mobilità dei talenti e la tecnologia delle risorse umane.
I percorsi di formazione e carriera
La costruzione dei piani di carriera, basati su un costante aggiornamento delle competenze, delle capacità e dell’esperienze (in una parola il learning) è il tema che risulta al primo posto nell’agenda dei capi delle risorse umane, rispetto ai 10 trend del 2019. Oltre un hr manager su due (il 56%) dichiara di essere pronto ad intraprendere azioni in questa direzione. «I piani devono innanzitutto garantire sistemi di apprendimento focalizzati sulle esperienze e le organizzazioni supportare gli individui comunicando in modo chiaro le competenze che saranno importanti nel futuro, fornendo gli strumenti necessari per far sì che tali competenze siano acquisite», spiega Keith. Ma qual è il rapporto tra la ricerca di nuovi talenti, da attrarre nell’organizzazione, e l’aggiornamento delle competenze del personale già presente? Il 73% degli intervistati ritiene che il proprio dipartimento learning sia focalizzato sui dipendenti interni mentre solamente il restante 25% focalizza l’attenzione verso nuovi talenti esterni da inserire nel proprio contesto aziendale.
Lo sviluppo della leadership
Oltre l’85% dei responsabili hr considera prioritario lo sviluppo della leadership. Solamente il 43% dei capi ha però intrapreso o è pronto ad azioni concrete e questo mostra che ci sono ampi margini di miglioramento. «Comportarsi come un’impresa sociale e gestire le ambiguità e le macro tendenze dell’ambiente esterno richiede un livello elevato di vision, connettività e collaborazione inter-funzionale da parte dei leader della C-suite. Mettere in campo queste competenze contemporaneamente non è impresa facile, tuttavia quest’aspettativa è ritenuta particolarmente importante», dice Keith.
La mobilità interna
La mobilità interna fa riferimento ai cambiamenti di ruolo da affrontare all’interno della stessa organizzazione, spostandosi da un’unità organizzativa ad un’altra, svolgendo attività diverse. I percorsi di mobilità interna possono realizzarsi per ragioni diverse, connesse alle specifiche esigenze organizzative. Anche in questo caso emerge una discrepanza tra opinione e azione: se l’83% ritiene infatti che il tema sia importante, solo il 53% ha messo in campo azioni concrete. «Per alimentare questa crescita interna le organizzazioni devono creare programmi in grado di facilitare la mobilità interna. Se le organizzazioni saranno in grado di mettere in campo programmi concreti ci saranno effetti
positivi sia in termini di engagement dei dipendenti che di risultati di business», osserva Keith.
Hr technology
Negli ultimi anni sono stati fatti molti passi in avanti nell’ambito HR rispetto a sistemi cloud. Il 76% dei capi hr li considera importanti ma solo il 53% ha progettato azioni e investimenti in questa direzione. Il gap «si basa su un’elevata aspettativa e fiducia riposta nei sistemi cloud che si scontra con le potenzialità espresse dai sistemi attualmente utilizzati dalle organizzazioni», dice Keith.
L’esperienza dei lavoratori
Nella crescente difficoltà a distinguere tra vita lavorativa e vita privata, soprattutto considerando l’emersione di nuove
modalità operative, distanti da quella tradizionale, come ad esempio lo smart working, cresce anche la necessità di avere
una strategia sul benessere delle persone. Soltanto meno di un capo delle risorse umane su due, il 46%, dichiara di essere
pronto ad intraprendere o di aver intrapreso azioni concrete, nonostante le politiche in tema di benessere comportino conseguenze
dirette su performance e produttività.
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