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Russia: ucciso leader dell’opposizione Boris Nemtsov.…

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Il Cremlino: non era una minaccia

Russia: ucciso leader dell’opposizione Boris Nemtsov. IlCremlino: non era una minaccia

C'è già una montagna di fiori, di bandierine russe e icone sul ponte sulla Moscova, proprio davanti a San Basilio e al Cremlino, dove ieri notte è stato ucciso Boris Nemtsov, leader dell'opposizione democratica e liberale russa. E con i fiori tante persone, molte con le lacrime agli occhi, tra loro tanti compagni di lotta di Nemtsov che accusano apertamente il regime per quest'ennesimo omicidio che definiscono politico.

A sua volta, il Cremlino si è affrettato a denunciare l'assassinio come una provocazione, voluta proprio per far ricadere la responsabilità su Vladimir Putin e destabilizzare il Paese. Del resto, ha chiarito il portavoce Dmitrij Peskov con una frecciata impropria, Nemtsov non rappresentava una minaccia a livello politico per il presidente russo: «Se consideriamo il livello di popolarità di Putin - ha detto Peskov - allora Nemtsov era piuttosto un comune cittadino». «Sarà fatto tutto il possibile affinché gli organizzatori e gli esecutori del vile e cinico assassinio abbiano la giusta punizione», ha scritto il presidente russo Vladimir Putin in un telegramma di condoglianze alla madre di Nemtsov, Dina Eidman, pubblicato sul sito del Cremlino. Gli inquirenti non escludono ancora nessuna pista, tanto da elencare tra le possibili motivazioni anche l'estremismo islamico.

Le reazioni internazionali
Dall'estero giungono chiari inviti a far luce con un'indagine trasparente e rapida, che porti alla condanna dei veri responsabili: questo chiedono il Governo italiano, il presidente francese François Hollande, il cancelliere tedesco Angela Merkel. Tra i primi a ricordare Nemtsov è stato Barack Obama, che lo aveva incontrato a Mosca nel 2009: «Ammiravo la sua dedizione coraggiosa alla lotta contro la corruzione in Russia». Mentre per Petro Poroshenko, presidente ucraino, Nemtsov «era un ponte tra la Russia e l'Ucraina». Di cui c'è disperatamente bisogno.

La manifestazione di domani
Si stava preparando a riprendere la battaglia, domenica. L'avevano chiamata “Marcia di Primavera”, contro la guerra e contro la dittatura, a questa Boris Nemtsov aveva dedicato tutti i suoi ultimi sforzi, e i suoi ultimi tweet. «Siete stanchi delle menzogne, della propaganda, della guerra, degli aumenti dei prezzi? Allora venite…». Ma proprio alla vigilia, sul Grande Ponte Moskvoretskij che porta a San Basilio e al Cremlino, non lontano dal luogo delle manifestazioni di protesta dell'inverno 2011-2012, ieri notte Boris Nemtsov è stato ucciso. Stava lavorando a un rapporto – non certo il suo primo atto di denuncia - su Vladimir Putin e il coinvolgimento della Russia in Ucraina.

L’omicidio
Uno o più sconosciuti, dicono le fonti delle forze dell'ordine che hanno dato la notizia, gli hanno sparato almeno sei volte da un'auto. Quattro colpi sarebbero andati a segno, dopo le 11 di sera. Colpito alla schiena: Nemtsov stava camminando sul ponte, insieme a una ragazza di Kiev. C'è un'immagine impietosa del suo corpo steso sul marciapiede, gli occhi ancora aperti. «Un omicidio crudele – si è affrettato a dichiarare il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov, riferendo le parole del presidente -. Con tutti i tratti dell'omicidio ordinato, gesto provocatorio». Putin, ha aggiunto Peskov, ha assunto personalmente il controllo dell'inchiesta. Per quello che conta, il premier Dmitrij Medvedev ha promesso di fare il possibile per arrivare all'assassino.

Volto storico della fragile opposizione russa
Quello di Nemtsov, 55 anni, era uno dei volti storici della fragile, calpestata opposizione russa. Nessuno, alla marcia di domenica, si aspettava di sollevare le masse. Al termine di un anno drammatico per la Russia, l'impatto sempre più duro della crisi economica non ha scalfito la popolarità di Putin, anzi. L'isolamento internazionale e la convinzione di essere nel giusto in Ucraina ha piuttosto rafforzato il sostegno della maggioranza dei russi nei confronti del presidente: domenica gli stessi organizzatori della protesta non speravano in una partecipazione di più di qualche migliaio di persone.

Sarebbe stato un momento importante, però, perché dopo il silenzio imposto all'opposizione, soffocata dopo quella stagione conclusa tre anni fa con il ritorno di Putin al Cremlino, domani ci sarebbe stato un ritorno. Un modo per dire al resto della Russia e al mondo che non tutti sono d'accordo, un modo per contarsi, anche se pochi. Pochi come quel gruppetto di studenti universitari di Mosca e di Pietroburgo che hanno diffuso un video, indirizzato ad altri studenti ucraini, in cui chiedono perdono «per l'integrità territoriale violata dal nostro Paese, che si era impegnato a rispettarla. Ci vergogniamo». Il loro auspicio è che la pace possa venire grazie proprio a queste nuove generazioni, «ponte sul baratro che cresce tra i nostri popoli».

Dalla marcia di domenica le autorità erano riuscite a escludere opportunamente Aleksej Navalnyj, arrestato e condannato a 15 giorni di carcere per aver distribuito volantini nel metrò. Senza Navalny, Nemtsov sarebbe stato uno dei protagonisti.

Il curriculum di Nemtsov
Ora l'assassinio avrà l'effetto di richiamare sulla protesta un'attenzione che non sarebbe riuscita ad avere; forse la morte di Nemtsov servirà a serrare meglio i ranghi di gruppi disorientati e divisi. Ma certo Nemtsov non era un nome amato o conosciuto più di tanto in Russia, malgrado la sua storia fosse cominciata tanto tempo fa, ben prima di quella di Navalnyj. E forse proprio per questo non era benvoluto, perché il suo nome e il suo volto sono associati con il primo difficile periodo delle riforme, seguito al crollo dell'Unione Sovietica. Nemtsov, primo governatore di Nizhnij Novgorod, si era distinto per il piglio deciso con cui aveva iniziato ad applicare le privatizzazioni in quella città, battendo all'asta il passaggio delle varie imprese in mani private. Era poi stato chiamato a Mosca da Boris Eltsin, che lo aveva voluto come ministro per l'Energia e vicepremier. Allora si diceva che Eltsin ne volesse fare il proprio delfino. Ma ancor prima che Eltsin lasciasse il Cremlino, affidandolo invece a Putin, l'irrequieto Nemtsov lo aveva preceduto mettendosi a formare partiti e movimenti, con la speranza di dare forza e voce unica all'anima democratica e liberale della Russia. Senza però riuscire mai a sfondare davvero, senza riuscire a fare breccia nelle preferenze dei russi: anche a causa della voglia di protagonismo dei vari leader, incapaci di unirsi ed eventualmente mettersi in secondo piano per il bene comune. E poi, sempre più marginalizzati man mano che si imponeva la presa di Putin sul Paese.

L’intervista al Sole 24 Ore
Nemtsov era spavaldo, beffardo, impulsivo. Qualche anno fa, in un'intervista al Sole-24 Ore, aveva scrollato le spalle ridendo alla domanda se non fosse preoccupato di dire ciò che pensa: «Già l'essere nato in Russia è un mestiere pericoloso!», aveva detto. Nato a Sochi, aveva fatto campagna per diventare sindaco della città che vedeva al centro della corruzione legata a Putin. Era uno dei pochi ad avere il coraggio di criticare apertamente il leader russo, in particolare nell'ultima fase della crisi ucraina.

Uno dei suoi alleati, come lui finiti dal governo all'opposizione, era l'ex premier Mikhail Kasjanov. Tra i primi, ieri sera, ad accorrere sul Grande Ponte di Pietra sulla Moscova. «Ora c'è bisogno di ogni oppositore, a difesa della società», ha detto Kasjanov. Insieme alla sua, la notte scorsa si sono udite le voci degli altri compagni di lotta di Nemtsov, Ilja Yashin, Irina Khakamada, Dmitrij Gudkov, Nikita Belykh. «Una terribile tragedia per la Russia», ha twittato l'ex ministro delle Finanze Aleksej Kudrin, sempre a metà strada tra l'opposizione e il Cremlino. Ma come reagirà la maggior parte dei russi per cui il nome dei democratici è ancora screditato dal ricordo dei terribili anni '90? La Marcia della primavera, ha annunciato nella notte Kasjanov, si svolgerà comunque domenica. Diventerà un omaggio a Boris Nemtsov.

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