Si immagina la polizia francese in cerca di jihadisti, a ricostruire motivazioni, legami, finanziatori che hanno portato alla strage nella redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo il 7 gennaio a Parigi. Molti investigatori continuano però a scrutare anche il cielo, a caccia di quelli che una volta non troppi decenni fa sarebbero stati definiti oggetti volanti non identificati. Il fatto che adesso si chiamino comunemente «droni» e vi sono modelli da far svolazzare in salotto, non li rende meno pericolosi, soprattutto se sorvolano siti nucleari e ambasciate telecomandati da non si sa chi. Accade nella Francia sotto attacco di Jihad, i luoghi della comunità ebraica protetti dall’esercito, il Front National di Marine Le Pen in ascesa nei sondaggi.
I primi sorvoli risalgono a ottobre, droni sono stati avvistati sui siti nucleari, una importante base militare, il 20 gennaio hanno sfiorato l’Eliseo; nelle ultime settimane hanno seguito più tradizionali rotte turistiche. Ha detto ieri il ministro degli Interni Bernard Cazeneuve che dal 5 ottobre si contano «60 sorvoli di droni» sulle centrali nucleari e su Parigi per poi assicurare che sono state prese misure per fronteggiare la minaccia.
L’ultimo allarme stamattina, riferisce France Info. Gli agenti hanno avvistato un piccolo velivolo senza pilota, lo hanno seguito per quattro chilometri fino all'atterraggio, non sono riusciti a prendere le quattro persone che lo hanno recuperato, sono salite in auto e sono scomparse nella tangenziale parigina. Come se non bastassero la tensione per la minaccia islamista e i droni veri, si deve fronteggiare anche l’esercito mitomane, quelli che una volta si limitavano alle telefonate anonime, insomma si perde tempo anche a distinguere gli «episodi reali» dalle balle. Ieri notte i sorvoli veri sembrano essere stati una decina.
La missione più massiccia a fine febbraio. Circa dieci giorni fa i miniaerei hanno fatto un giro sui tetti dell'ambasciata americana nel centralissimo ottavo arrondissement, uno volava a bassa quota, tra i 100 e i 300 metri, diretto verso la zona degli Invalides sulla tomba di Napoleone, davanti al ponte Alexandre III, altri hanno raggiunto la Torre Eiffel fino alla Bastiglia, la sede dell'Assemblea Nazionale (il parlamento francese), il grattacielo di Montparnasse e Place de la Concorde. Cinque droni in tutto, anche quella volta alcuni agenti sono stati mobilitati invano per identificare i piloti a terra. La procura ha aperto un'inchiesta per «volo di aeromobile in zona vietata» perché a Parigi vige il divieto di sorvolare la città a meno di 6mila metri d'altezza senza autorizzazione.
Sinora gli unici arrestati sono tre giornalisti della tv al Jazeera, fermati il 25 febbraio al Bois de Boulogne per aver fatto volare un drone dal parco simbolo della città. «Il primo lo pilotava, il secondo filmava, il terzo guardava» ha raccontato una fonte giudiziaria. Detta così non sembra una seria minaccia ma sia la procura sia il governo dicono di «prendere molto seriamente» la questione anche se poi lo stesso governo, tramite il portavoce Stephane le Foll, si è affrettato a escludere rischi per la sicurezza. Il ministro Cazeneuve ha invece chiarito che sono state preso misure preventive «per informare gli utilizzatori di queste macchine al momento dell'acquisto e dei rischi penali se si infrangono le norme». Uno dei tre reporter di Al Jazeera li sta sperimentando, si chiama Tristan Redman, 34 anni, ha passaporto britannico, come pilota è stato condannato ad una multa di mille euro e alla confisca dell'apparecchio; gli altri due, quello che filmava e quello che guardava, sono stati rilasciati.
© Riproduzione riservata