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Iraq, Isis incendia i pozzi di petrolio di Tikrit per bloccare…

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la guerra contro lo stato islamico

Iraq, Isis incendia i pozzi di petrolio di Tikrit per bloccare l’avanzata dei soldati

Il 2 marzo il governo iracheno ha sferrato l’offensiva più imponente per riprendere Tikrit, città simbolo perché ha dato i natali a Saddam Hussein, dittatore sunnita come sunniti sono i terroristi di Isis, e perché vicina a importanti giacimenti petroliferi. Trentamila uomini fra esercito, polizia, unità antiterrorismo, volontari delle unità di mobilitazione popolare e tribù locali sunnite, caccia ed elicotteri. Oggi la risposta dei miliziani dello Stato Islamico: i terroristi hanno incendiato i pozzi attorno a Tikrit, riferiscono testimoni, per bloccare l’azione militare delle forze sciite e i soldati iracheni e tenerli lontani dalla città a maggioranza sunnita.

Esercito e testimoni sostengono che Isis, che da tempo ha preso il controllo della città del dittatore, hanno dato fuoco al giacimento di Ajil per farsi scudo dagli attacchi degli elicotteri dell’ersercito iracheno.

Un fumo nero si leva in queste ore nella zona a 140 chilometri da Baghdad, dice il testimone citato da Reuters che è al seguitodei soldati e miliziani iracheni che tentano di entrare a Tikrit da est. In tutte le guerre irachene il controllo dei pozzi è fondamentale, lo è ancora di più per lo Stato Islamico che però ha dimostrato di non avere le conoscenze tecniche necessario per sfruttare appieno i giacimenti.

L’ostaggio cristiano rilasciato: andremo via tutti
Isis è attivo fra Iraq e Siria in zone in cui vuole imporre un sedicente Califfato. Oggi all'agenzia assira Aina uno dei 21 cristiani rapiti dall'Isis nella valle del Khiabur, nel Nord-Est della Siria, e liberati dopo il pagamento di un riscatto.«Ce ne andremo tutti, perché i jihadisti ci hanno avvertito che se torneremo ai nostri villaggi decapiteranno gli uomini e ridurranno in schiavitù le donne». L'ex ostaggio, che l'agenzia presenta con il nome fittizio di Robert, fa parte dei 21 cristiani prelevati dai jihadisti nel villaggio di Tel Goran, uno dei 35 lungo il fiume Khabur, a Ovest di Al Hasakah, investiti il 23 febbraio da un'offensiva dello Isis. Tra loro anche una bambina di 6 anni con la madre incinta. «Non è rimasto alcun cristiano».

Secondo l'Aina sono tra 262 e 373 i cristiani assiri sequestrati nella regione alla fine di febbraio. Altre migliaia sono fuggiti e nell'area, sottolinea l'ex prigioniero. L'uomo ha detto che i prigionieri sono stati trattati bene dai loro carcerieri, che li hanno nutriti e hanno consentito loro di lavarsi. «Continuavano ad insistere perché ci convertissimo all'Islam - ha aggiunto 'Robert' - ma non ci hanno maltrattati». Il rilascio è avvenuto dietro il pagamento di una somma in denaro giustificata come Jizya. È questa la tassa che, secondo una tradizione dei primordi dell'Islam, le popolazioni non-musulmane erano tenute a pagare, in cambio del diritto a continuare a vivere in sicurezza in uno Stato islamico. Ma se ai cristiani rilasciati è stato intimato di andarsene, come riferito dall'ex ostaggio, in questo caso si sarebbe trattato di un semplice riscatto.



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