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Strage di Tunisi, questa volta l'Europa si deve muovere: o vuole …

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Attacco al museo del bardo

Strage di Tunisi, questa volta l'Europa si deve muovere: o vuole forse replicare il disastro libico?

Il terrorismo colpisce al cuore l'unica primavera araba che non era sfiorita nel sangue e nel caos. Un attacco che forse non a caso ha preso di mira il Museo del Bardo, dentro all'edificio del Parlamento, uno dei simboli del turismo, tra le principali fonti di entrata del Paese. L'obiettivo è quello di destabilizzare un Paese che comunque ha fornito uno maggiori contingenti di foreign fighters ai gruppi armati islamici e all'Isil del califfo Al Baghdadi: si parla di almeno tremila cittadini tunisini arruolati in questi anni per combattere in Siria e in Iraq.

I tunisini erano stati i primi arabi con la rivoluzione dei gelsomini nel gennaio 2011 ad abbattere il loro dittatore Ben Alì e il Paese aveva trovato faticosamente, tra attentati, omicidi politici e avanzata dei militanti salafiti e qaidisti, la sua strada democratica attraverso libere elezioni. Non solo. All'ultima tornata elettorale in autunno la vittoria era andata alla formazione laica di Nida Tounes che poi ha formato un governo di coalizione con il partito islamico sconfitto di Ennhada, guidato da Rashid Gannouchi. Era stato questo un segnale di saggezza e moderazione ma anche una mossa dettata dalla consapevolezza che era necessario prima di tutto tenere unito il Paese di fronte alle minacce del terrorismo e della destabilizzazione provenienti dalla confinante Libia e dall'interno stesso della Tunisia dove si sono moltiplicate le cellule jihadiste.

La Tunisia ha scoperto di essere sempre più infiltrata dai radicali islamici e dai gruppi armati. Nelle scorse settimane è partita la caccia ai membri del gruppo “Okba Ibn Nafaa”, affiliato allo Stato Islamico e attivo nell'area montuosa di Kasserine. Il 26 febbraio le forze di sicurezza hanno arrestato diversi elementi della cellula jihadista, responsabile di un attacco nella città di Boulaaba, a est del monte Chaambi, in cui sono stati uccisi quattro agenti della guardia nazionale. Tra i terroristi catturati figurava anche Khaled Hamadi Chaieb noto come Lokmane Abou Sakhr, uno dei leader jihadisti più in vista. Ma questa reazione non è bastata né a fermare i jihadisti né a tranquillizzare un'opinione pubblica che nella capitale è scesa più volte in piazza contro il terrorismo e per chiedere al governo misure di emergenza.

L'esecutivo ha provato a calmare gli animi con un piano per il pattugliamento degli edifici scolastici predisposto dopo il tentativo di incendiare un liceo di Tunisi mentre il ministero della Difesa ha tentato di rassicurare i tunisini dichiarando che il Paese ha tutte le capacità di difendersi da qualsiasi attacco aereo o terrestre proveniente dalla Libia.

In realtà la Tunisia è vulnerabile sia alle frontiere con la Libia, dove il valico di Ras Jedir è stato preso d'assalto dai profughi, che all'interno, dove Ben Guardane è ritenuto uno dei punti di passaggio per centinaia di jihadisti libici e tunisini. A fronteggiare il terrorismo da sola l'eroica ma povera Tunisia non ce la può fare: servono mezzi, soldi e collaborazione tra servizi di intelligence (cosa che l'Italia ha già offerto dopo le visite di Renzi e Gentiloni). Questa volta l'Europa si deve muovere: o vuole forse replicare il disastro libico?

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