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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2015 alle ore 10:44.

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L'Iran più pericoloso dell'Is? È davvero paradossale, ma l'intervento in Yemen dimostra che per tanti governi nel mondo arabo sembra essere proprio così. L'impressionante prontezza e il massiccio dispiegamento delle forze armate saudite dimostra ancora una volta, che i paesi musulmani perdono, e per l'ennesima volta, l'occasione per essere uniti contro il vero nemico, il fondamentalismo islamico impersonificato dall'Is, e tornano ai conflitti tra cugini.

Per combattere il nemico sciita, in questo casogli Houti - la minoranza sciita in Yemen che negli ultimi mesi ha messo sotto sopra il paese - i sauditi mettono a disposizione tanto per iniziare (perché è prevista anche un'operazione via terra) 100 aerei, 150mila militari al fronte yemenita e diventano leader di una cordata sunnita senza precendenti, con Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Turchia, Kuwait, Bahrain, Marocco, Sudan arrivando fino al Pakistan. Mettono d’accordo anche la Lega araba, e si prendono l'appoggio Usa in barba agli accordi sul nucleare iraniano.L'informazione o propaganda, come si preferisce, è un arma fondamentale. I servizi su tale impresa si sprecano dalla tv Al Arabiya dove vengono montati come una grande operazione militare araba, video alla Top Gun con tanto di scenografia, voce fuori campo da sceneggiatura sofisticata. E un po' anche surreale e imbarazzante.

Uno sforzo straordinario. Lo sforzo di chi trova più urgente intervenire in Yemen che provare ad annientare lo Stato islamico che si espande indisturbato a macchia d'olio dalla Siria all'Iraq, contando anche l'appoggio di seguaci oltre i confini fino ad arrivare in Occidente. L'ipocrisia sull'impossibilità di far fronte e in maniera seria, alla minaccia dello stato islamico viene a galla. E forse anche le coperture e il lasciar fare, se non di più.
Ciò che sta avvenendo in Yemen, dimostra che i paesi arabi, con in prima fila quelli del Golfo, e dunque capofila Arabia Saudita, se vogliono combattere lo Stato islamico possono eccome.

Non mancano nemmeno i mezzi per farlo. L'Arabia Saudita è il primo paese importatore di armi al mondo, scippando il primato all'India. Nel 2014 ha speso 6,5 miliardi. Lo mettono nero su bianco i dati dell'appena pubblicato Rapporto sulla difesa globale, della società di consulenza Ihs. L'impennata degli investimenti militari è quantificata al 54%, percentuale destinata a rimanere pressoché stabile (52%) quest'anno, con una spesa di 9,8 miliardi di dollari.

Il problema è che nel mondo arabo si è persa la bussola di chi è il vero nemico. Ancora una volta, si è disposti a chiudere un occhio sulle vere falle di un islam sempre più fondamentalista e si continua invece nell'ottusa storica divisione tra Shi'a e Sunna. Una strada che porterà al suicidio dell'Islam. L'Islam ha perso e sta perdendo sempre di più la radice del suo successo originario: saper convivere con le diversità. Governare la diversità.
La civiltà del mondo musulmano nasce e si espande proprio grazie al successo nel governare la diversità. Valori persi secolo dopo secolo, fino a tradursi nel caos contemporaneo,fatto di conflitti violenti, settari, tribali, familiari. Una sconfitta di tutto l'Islam, un'umiliazione per una civiltà secolare.

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