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Due anni di QQE tra luci e ombre. Boj rinvia nuove mosse di politica…

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Due anni di QQE tra luci e ombre. Boj rinvia nuove mosse di politica monetaria

TOKYO – La Banca del Giappone ha confermato oggi la politica monetaria di QQE (allentamento quantitativo e qualitativo) introdotta due anni fa e rafforzata lo scorso ottobre, pur riconoscendo che nel breve l'inflazione resterà intorno allo zero: a suo parere l'economia resta in una fase di moderata ripresa e lo scenario dei prezzi sarà puntellato dagli aumenti salariali e dall'irrigidimento del mercato del lavoro.

Secondo un buon numero di analisti, l'istituto centrale nipponico sarà però costretto prima o poi - per alcuni già il prossimo 30 aprile - a procedere a ulteriori misure espansive per combattere le rinnovate pressioni deflazionistiche, ma la manovra sarà complicata dalla direzione opposta su cui si sta indirizzando la Federal Reserve (orientata verso l'avvio di un rialzo dei tassi Usa); inoltre cominciano ad affiorare preoccupazioni sulla sostenibilità del QQE in vista della necessità di profilare una difficile “exit strategy”, mentre il bilancio dei primi due anni presenta luci e ombre.

Il governatore Haruhiko Kuroda sostiene che il QQE sta funzionando «in teoria e in pratica», ma molti non sono d'accordo. Kuroda introdusse nella primavera del 2013 il QQE poco dopo essere stato insediato alla guida della Nippon Ginko dal premier Shinzo Abe con una agenda che prevedeva una forte espansione degli acquisti di titoli di Stato (aspetto quantitativo) con uno spostamento medio della loro durata verso JGB a più lungo termine, oltre all'acquisto di asset di rischio come Etf e trust immobiliari (aspetto qualitativo).

Al suo attivo, può vantare il conseguimento dell'obiettivo dichiarato di schiacciare verso il basso i tassi di interesse a lungo termine e di quello (non dichiarato) di un indebolimento dello yen che ha agevolato il raddoppio degli indici di Borsa e il record di profitti per le grandi imprese esportatrici.

Il fallimento più evidente riguarda gli obiettivi sull'inflazione: Kuroda aveva introdotto un target ufficiale sui prezzi al consumo del 2% da conseguirsi orientativamente entro due anni, ma oggi l'inflazione è tornata a zero (escluso l'effetto del rialzo dell'Iva dello scorso aprile) e potrebbe scendere sottozero, soprattutto a causa del calo dei prezzi dell'energia.

Il conseguimento del target del 2% è stato rinviato, ma Kuroda non si preoccupa sostenendo che l'importante sono le aspettative di inflazione, che a suo parere restano positive sul medio termine. Per Hiromichi Shirakawa, capo economista di Credit Suisse Japan «il QQE sembra aver fatto poco come catalizzatore di inflazione nei suoi primi due anni».

Un vero rilancio dell'economia, poi, non si è verificato, anche perché il “momentum” positivo si è arenato sul rialzo dell'Iva che ha depresso i consumi. Vari analisti sottolineano che il QQE ha favorito i ricchi gonfiando i prezzi degli asset, mentre ha penalizzato i poveri e la stessa classe media.

Più specificamente, l'incetta di bond da parte della Banca del Giappone è sospettata di aver distorto il mercato obbligazionario e più in generale i mercati finanziari. I maggiori timori, comunque, si concentrano sulle difficoltà di prospettare una exit strategy. Secondo una simulazione effettuata dal Mizuho Research Institute, la Banca del Giappone sarà costretta a interrompere il suo audace esperimento monetario entro il 2020 perché a quel punto avrà accaparrato quasi tutti i Jgb detenuti dalle banche, le quali devono pur sempre detenerne un certo ammontare necessario come garanzia per una serie di operazioni: al ritmo attuale di acquisti tra 8mila e 12mila miliardi di yen al mese, entro il 2020 la BoJ possiederebbe oltre l'80% di tutti i JGB fino a 10 anni.

Gli acquisti di Etf e trust immobiliari dovranno terminare anche prima, visto che la BoJ è già diventata il principale soggetto attivo su questi mercati.
Secondo il capo economista di Totan Research, Izuru Kato, già nel 2017 gli asset detenuti dalla BoJ supereranno il Pil nazionale: un livello allarmante. A suo parere, inoltre, la politica della BoJ ha ridotto gli incentivi per il governo a procedere in modo più serio nei piani di contenimento della crescita del debito pubblico.

Il problema dovrebbe venire al pettine tra il 2017 e il 2018, quando l'economia giapponese pare destinata a essere già depressa da un nuovo aumento dell'Iva (al 10%) assicurato dal premier Abe quando decise alla fine dell'anno scorso di rinviare questa misura all'aprile 2017 (un posticipo al quale Kuroda, non a caso, era contrario). Il combinato disposto tra più Iva e prime indicazioni sul rientro dalla politica monetaria ultraespansiva sembra una ricetta sia per la recessione sia per un rialzo dei tassi (a sua volta deleterio per le finanze pubbliche). La sfida, insomma, è su come evitare questo scenario da brividi.

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