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dopo il pressing di obama

Usa, accordo al Senato sul «fast track» per i negoziati commerciali con Asia ed Europa

NEW YORK - Barack Obama strappa un nuovo accordo che garantisce l'appoggio del Senato al fast track per finalizzare il trattato commerciale con i paesi del Pacifico. Ma il prezzo è più elevato di quanto volesse, e anche qualora il provvedimento dovesse passare intatto alla Camera, minaccia di creare ancora incertezze nelle fasi finali delle trattative sulla Trans-Pacific Partnership (Tpp).

Un'intesa è stata raggiunta al Senato tra i repubblicani e un drappello di forse otto democratici pro-libero commercio che in serata odierna dovrebbe far scattare l'assenso della Camera Alta. In cambio del suo appoggio necessario a superare una barriera procedurale - la maggioranza qualificata di 60 voti su cento necessaria a portare al voto il fast track – il drappello democratico ha ottenuto una misura che prevede rappresaglie contro partner economici accusati di manipolare le valute. Il provvedimento, voluto tra gli altri dal senatore di New York Charles Schumer, è passato con un voto separato nel primissimo pomeriggio americano. Inserito in una legislazione doganale, è stato approvato con 78 voti contro 20.

I democratici al Senato si erano tirati indietro in massa davanti alla mancanza di questa garanzia, la terza chiesta accanto a un fondo per aiuti ai lavoratori danneggiati da intese sull'interscambio e all'estensione di un programma a favore dell'Africa subsahariana che erano invece già stati accettati in precedenza. L'impasse aveva causato una cocente sconfitta per Obama e per la maggioranza repubblicana pro-trade nei giorni scorsi, quando i senatori democratici avevano fatto mancare la soglia dei 60 voti.

L'accordo e l'assenso del Senato non chiude però la battaglia commerciale: alla Camera i democratici sono ancora più contrari al fast track, l'autorità concessa al presidente a concludere accordi di free trade senza il rischio di emendamenti del Congresso, che può solo votare a favore o contro l'intera intesa. Non manca inoltre l'opposizione tra gli stessi repubblicani più conservatori, contrari a concedere qualunque successo a Obama e più sensibili a un elettorato locale scettico sul commercio. Lo Speaker della Camera, John Boehner, si è tuttavia dichiarato ottimista sull'esito una volta ottenuto il passaggio al Senato.

I rischi potrebbero però sorgere nel negoziato vero e proprio sul Tpp: molti paesi asiatici, compreso il Giappone, sono fortemente contrari alla misura sulla manipolazione delle valute, che vedono come una spade di Damocle. E la Casa Bianca aveva messo in guardia contro il pericolo che dall'estero possano scattare in futuro contromisure, compresa l'impugnazione di politiche monetarie della Federal Reserve viste come rivolte a influenzare i cambi. Il rischio, insomma, potrebbe essere quello di aprire un vero e proprio vaso di Pandora internazionale di ritorsioni.

Il fast track per Obama è cruciale e la posta in gioco vale il rischio del nuovo compromesso. Non serve solo a portare a compimento il Tpp asiatico, che riguarda comunque il 40% dell'economia mondiale, ma anche per proseguire nelle trattative su un accordo con l'Unione Europea, il cosiddetto Transatlantic Trade and Investment Partnership (Ttip) che dovrebbe essere finalizzata nel 2016.

Ma altrettanto vero è che l'agenda del presidente, giunto alla fine del suo ultimo mandato e impegnato a lasciare una consistente eredità politica ed economica, si sta differenziando sempre più da quella di ampie correnti del suo partito. Queste sono oggi preoccupate di rafforzare un'identità progressista, di contrastare riscatti repubblicani e di non consegnare nelle mani di eventuali futuri presidenti del partito avversario rafforzati strumenti di gestione del potere.

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