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Grecia, Lagarde: uscita dall’euro è una possibilità, accordo improbabile

Il gioco delle parti continua, ma si fa sempre più pericoloso. La crisi greca passa in poche ore dall’ottimismo al pessimismo più nero, e i mercati si adeguano in maniera sempre più nervosa.

Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, a Dresda per il G-7, in un’intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine non ha escluso l’uscita della Grecia dall’euro spiegando che «è molto improbabile» arrivare ad un accordo finale nei prossimi giorni. Per Lagarde però l'uscita di Atene dall'eurozona non vorrebbe dire «la fine» della moneta unica. In un primo tempo sembrava che Lagarde avesse parlato della Grexit come di una possibilità. «Le affermazioni attribuite da Faz alla Lagarde non sono accurate, sono citate in maniera non corretta», ha poi corretto il portavoce del Fondo, Gerry Rice. «Ci sono stati problemi con la traduzione», ha spiegato Rice, senza però indicare con precisione, secondo Bloomberg, quali siano le affermazioni ritenute non corrette della Lagarde.

In un’altra intervista alla televisione tedesca Ard, Lagarde ha ribadito: «Stiamo lavorando a una soluzione e non direi proprio che che abbiamo raggiunto risultati sostanziali. Le cose si stanno muovendo, ma c’è ancora molto lavoro da fare».

In serata lo scetticismo sul negoziato era stato comunque confermato da Bruxelles. Non ci sarebbero possibilità di raggiungere un accordo entro domenica, come chiesto dai greci, perché i progressi sono troppo lenti, hanno affermato fonti Ue dopo la conference call dell'euro working group che ha cercato di mettere pressione su Atene. Senza intesa entro mercoledì o giovedì prossimi non ci saranno i tempi per sbloccare gli aiuti. E potrebbe avvicinarsi il default.

L’intervista di Lagarde è stata una 'bomba' che ha costretto Alexis Tsipras, Angela Merkel e Francois Hollande a fare il punto in una conference call di un'ora.

Che cosa ha detto Murray a Washington
Prima di Lagarde era intervenuto William Murray, vice portavoce dell'istituto di Washington, dicendo che il Fondo monetario internazionale «si aspetta che la Grecia ripaghi» l'istituto stesso. Durante la consueta conferenza stampa bisettimanale, Murray ha spiegato che in generale «qualsiasi Paese che non rispetta i suoi oneri finanziari con il Fondo, ossia il pagamento di quanto dovuto, è dichiarato in arretrato e quindi non ha accesso a finanziamenti freschi».

Murray ha voluto ricordare che il Fondo è composto da 188 Paesi membri e che ha nei loro confronti una «responsabilità fiduciaria» in quando «custode delle risorse di quei Paesi». Ecco «perché è importante che i Paesi rimborsino» l'istituzione guidata da Christine Lagarde. La prima scadenza per Atene è il 5 giugno prossimo, quando deve ripagare al Fondo un prestito per 300 milioni di euro, una parte di quota 1,6 miliardi di euro dovuta in totale nel mese a venire. Certo, la trattativa continua a oltranza, «ma è necessario che sulla Grecia si raggiunga un accordo il prima possibile». Secondo Murray, comunque, «l'uscita di Atene dall'Eurozona non è sul tavolo». E «non ci aspettiamo che avvenga - ha aggiunto - perché il prezzo da pagare sarebbe altissimo».

Il Fondo vuole una «soluzione completa» che permetta il raggiungimento degli obiettivi di «stabilità e crescita» e dunque di «sostenibilità nel lungo termine» dell'economia di Atene. «Più si impiega a implementare le politiche, più esse saranno costose», ha aggiunto Murray. Ancora una volta il Fondo si dice «flessibile e aperto alle alternative» ma «punta alla piena ripresa dell'economia greca in modo tale che la nazione non si ritrovi di nuovo in una situazione finanziaria difficile». Il programma alla fine «deve funzionare».

La deadline di Atene: trovare accordo entro domenica
Ieri il governo greco aveva detto che l’accordo era vicino, poche ore dopo però la Commissione europea aveva raffreddato gli entusiasmi. Atene continua invece a sfoderare ottimismo. «La Grecia - ha detto il portavoce Gabriel Sakellaridis - vuole un accordo entro domenica. Atene sta facendo del suo meglio per evitare un default e una intesa sarà raggiunta molto presto. Tutti - ha aggiunto - anche i creditori, vogliono evitare un default del Paese». Anche se andare oltre domenica potrebbe costringere i greci a cercare aiuti altrove, senza escludere Russia e Cina. L’ipotesi fa parte del gioco molto duro che i protagonisti stanno giocando.

Ieri fonti del governo greco erano andate anche oltre, affermando che i rappresentanti della Grecia avevano trovato un accordo a livello tecnico con quelli di Unione europea e Fondo monetario internazionale, che dovrebbe consentire di sbloccare il versamento di nuovi aiuti al Paese, e stavano iniziando a metterla nero su bianco. Parallelamente il premier greco Alexis Tsipras ha affermato che ormai l’intesa è vicina. Il leader di Syriza ha anche assicurato che le pensioni verranno regolarmente pagate e che i depositi nelle banche non sono a rischio.

La Commissione Ue: ancora non ci siamo
Nessuna conferma era arrivata però da Bruxelles, anzi. «Lavoriamo molto intensamente per assicurare un accordo tecnico, ma ancora non ci siamo»: così il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis rispondeva a chi gli chiede se sia vero che il Brussels Group stia finalizzando il testo di un accordo, come riportato da fonti greche.

La bozza di accordo prevederebbe obiettivi di avanzo primario (il saldo tra spese e entrate prima degli interessi sul debito) più lievi per la Grecia, una riforma dell'Iva ma e del sistema pensionistico, e un alleggerimento dell'ammontare del debito.
Da Atene hanno anche puntualizzato che non sono previsti altri tagli a salari e pensioni. Merkel e Hollande avevano dato un ultimatum alla Grecia: serve un’intesa con i creditori entro il 31 maggio, un obiettivo che appare sempre più difficile da raggiungere.

Resta il nodo del debito greco, ritenuto insostenibile dal governo. «Vogliamo la ristrutturazione del debito», ha detto senza mezzi termini il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis parlando in Parlamento ad Atene. La pressione dei creditori sulla revisione dell’Iva, ha aggiunto, è «asfissiante».

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