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Effetto clima? «Catastrofe già oggi. Ci muoveremo subito»

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Effetto clima? «Catastrofe già oggi. Ci muoveremo subito»

La catastrofe climatica non farà sconti a noi italiani. Anzi, qui rischia di mordere più che nel resto d'Europa. Più che in altre parti del mondo. La previsione degli scienziati? Un aumento delle temperature medie di 3,2 gradi per secolo. Un problema, si dirà, per le generazioni future. Sbagliato, oltre che ottuso, scaricare la questione sui posteri. Il degrado è questione di oggi. C'è, si vede, morde. Lo scenario è sotto gli occhi di tutti: più alluvioni in inverno, più crisi idriche d'estate. «Soprattutto nelle regioni settentrionali della penisola». Correre ai ripari? Si deve. Bisogna muoversi ora. Su questi inquietanti presupposti si tengono oggi gli “Stati generali sui cambiamenti climatici e la difesa del territorio”. Una chiamata alle armi nel segno ambientalista, voluta direttamente dal governo, e più precisamente dal premier Matteo Renzi. Che chiama a raccolta gli esperti per mettere a fuoco il problema, per confrontarsi con la comunità internazionale. Segolene Royal, ministro francese dell'ecologia, è qui a Roma per parlarne. E a Parigi si terrà a novembre la Conferenza planetaria sul clima voluta dall'Onu per mettere i paletti ad una nuova strategia comune contro il disastro.

Business, perché no
Il nostro governo promette rapidità. Sposa, sebbene con qualche contraddizione nelle politiche attuative, i moniti e molte delle indicazioni delle organizzazioni ecologiste e dei migliori scienziati. Promette, nei documenti predisposti per la conferenza, di dare nuovo impulso alle energie rinnovabili e alla gestione più verde possibile del nostro futuro energetico. Significa promuovere innanzitutto la corsa all'efficienza, che a detta degli analisti ha ancora enormi spazi per regalarci vantaggi non solo ambientali ma anche economici, visto che traina un consistente business sull'onda delle nuove tecnologie e delle poderose ricadute anche industriali su altri settori.

A gelare intanto gli animi è Erasmo De Angelis, coordinatore dell'iniziativa governativa e capo della struttura di missione contro il dissesto idrogeologico. «Siamo di fronte - dice in un'intervista - ad effetti drammatici anche nel nostro paese sul piano umano, sociale, finanziario. Abbiamo analizzato l'escalation di catastrofi ambientali in Italia: da 4-5 eventi l'anno degli anni ‘90 e in quelli precedenti, siamo passati ai 15-20 degli inizi del 2000, per arrivare ai 352 del 2013 e agli oltre 400 del 2014». Numeri «che fanno impressione» anche per i costi provocati. «Solo l'anno scorso la spesa per riparare e risarcire i danni causati dai disastri ambientali è stata di 4 miliardi di euro».

Gioco di squadra
Chiaro, come tutti ormai sanno, che l'effetto clima non può essere combattuto a livello locale. È un fenomeno globale. Ma il buon esempio e le azioni nazionali possono servire, molto. «Per la prima volta il governo italiano ha presente il quadro dei rischi, delle azioni e delle opportunità, mettendo i cambiamenti climatici al centro della agenda politica nazionale» si legge nei documenti di base della conferenza. Si ammette, insomma, che non bastano gli impegni presi ad esempio nel nostro Documento di economia e finanza (Def), che pure sembra dedicare una buona attenzione a questi temi. Ci vogliono scelte più precise, più determinate, vincolanti.

Il Governo promette di mettere in campo qualcosa di più. Rifacendosi, non solo nelle linee ideali ma anche negli atti operativi, proprio agli appelli alle diagnosi delle nostre migliori associazioni ambientaliste. Prova ne sia che nel dibattito tra chi sottolinea il saldo negativo dei massicci incentivi distribuiti lo scorso decennio in Italia per sviluppare le rinnovabili, e chi invece sottolinea un saldo globale nettamente positivo sia negli aggregati economici sia nei risultati ambientali, il nostro Esecutivo sembra ora sposare con decisione la seconda tesi.

Così nel materiale distribuito per la conferenza si ritrovano ad esempio molte delle indicazioni del nostro Kyoto Club. Nel 2014 - si legge nelle carte della conferenza - ciò che è stato investito nelle rinnovabili ha generato globalmente ricavi quasi doppio regalando l'Italia «un valore aggiunto complessivo di 1,2 miliardi di euro», destinato ad aumentare anche se di poco nei prossimi anni tant'è che «al 2020 supererà quota 1,9 miliardi di euro, in crescita del 58% rispetto al 2014». Il che testimonia «quanto sia globalmente sostenibile anche nel lungo termine il business della produzione di energia da fonti rinnovabili», si legge nei documenti governativi, che citano gli studi dell'Energy Strategy Group del Politecnico di Milano.

Attrarre gli investimenti
Investire nell'energia pulita, e più in generale nell'economia più pulita, è del resto doppiamente conveniente. Perché ci consente di attrarre - rimarca Marcello Capra, stratega del Dipartimento energia del Ministero dello sviluppo - gli investimenti settoriali mobilitati dall'Unione Europea. Ben 35 miliardi di euro nel prossimo quinquennio: «circa 6 miliardi attraverso Horizon 2020 per progetti di innovazione nei settori dell'efficienza energetica, delle tecnologie low carbon e delle Smart City; altri 6 miliardi attraverso Connecting Europe Facility, per investimenti in infrastrutture energetiche ad elevato valore aggiunto e 23 miliardi da Fondi di Coesione 2014-2020 per investimenti in efficienza energetica, fonti rinnovabili, reti intelligenti e mobilità urbana».
Catturare questi investimenti – sottolineano i tecnici governativi – è un affare anche per le sicure ricadute economico-industriali. «Tali interventi - sottolinea Giuliano Dall'O', guru dell'economia ambientale del Politecnico di Milano - possono portare a una crescita stimata del Pil fra il 2% e il 4% e a un aumento dell'occupazione stimato in 460mila posti di lavoro al 2020».

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