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Europa, le lezioni non finiscono mai

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EURO E GRECIA

Europa, le lezioni non finiscono mai

A un soffio dal precipizio, a tempo ormai scaduto, un altro, l'ennesimo nulla di fatto e una nuova riunione dell'Eurogruppo oggi. Ci è voluta, lunedì, la prova generale del disastro europeo con le Borse che in un giorno hanno bruciato circa 300 miliardi, poco meno del debito greco, smentendo subito e clamorosamente chi minimizzava gli effetti di Grexit, per convincere tutti a tentare in extremis il passo indietro, tornando al tavolo del negoziato. Ma non è bastato per prorogare il programma di aiuti europei né per evitare il default tecnico di Atene insolvente con il Fmi.

In Europa le lezioni non finiscono mai. Peccato però che non servano, visto che nessuno sembra capace di impararle.

Già i precedenti salvataggi della Grecia, con tutte le esitazioni, resistenze e repulsioni nei partner che li avevano accompagnati, avevano visto lievitare enormemente i costi iniziali e favorito il dilagare del contagio nell'euro. Questa volta era diffusa la certezza che le difese erette a salvaguardia dell'eurozona l'avrebbero messa al riparo da nuovi rovesci speculativi e instabilità diffusa. In breve, dal virus greco.

Lo scontro con la realtà ha immediatamente riportato alla ragione, almeno così pare, i teorici del divorzio indolore. Da qui a concludere che alla fine lo strappo nell'euro non ci sarà è possibile ma non è affatto scontato.

Ancora non è chiaro infatti chi e fino a che punto sia disposto a cedere per evitarlo né chi disponga di margini sufficienti, in parlamento e nelle rispettive opinioni pubbliche, per fare concessioni a Bruxelles senza perdere la faccia e il consenso democratico indispensabile per poi farle approvare in casa.

Sempre ammesso che a questo punto tutti abbiano davvero la volontà politica di chiudere negoziando in buona fede, accantonando doppi linguaggi e secondi fini. Il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker professa ottimismo. Angela Merkel, il cancelliere tedesco, frena aspettando l'esito del referendum di domenica, evidentemente convinta che alla fine vincerà il sì.

La disponibilità a trattare dei creditori, dopo il netto rifiuto di sabato di fronte alla rottura unilaterale della Grecia, non sembra incontrare grandi aperture nel Governo Tzipras. Al contrario, alle profferte europee il premier greco ha risposto rilanciando la richiesta di sempre, finora sempre respinta con decisione dai suoi interlocutori: ristrutturazione del debito accompagnata da un prestito biennale del Fondo Salva-Stati Esm per far fronte alle sue scadenze, proroga degli aiuti ma nessun cenno agli impegni su aggiustamento dei conti e riforme strutturali.

Potrebbe essere l'ennesimo vicolo cieco. Se però questa volta il negoziato continua, forse è perché l'Europa spera che sia il popolo greco, che ha eletto il “guastatore” Tzipras, a sconfessarne le scelte, togliendole molte castagne dal fuoco. Ricucendo una lacerazione che altrimenti alla lunga rischia di strappare l'intera tela europea.

Ammesso che alla fine scoppi davvero la riconciliazione nell'eurozona, l'incidente greco rischia di lasciarsi dietro pessimi strascichi e ferite aperte. La Grecia forse imparerà a non sfogare le proprie frustrazioni di paese punito e incompreso abbandonandosi all'avventurismo politico. Ma l'Europa dovrà a sua volta imparare a moderare gli eccessi
delle sue politiche,

quelle che hanno incoraggiato e poi eletto al Governo quell'avventurismo che rischia di travolgere la stabilità dell'euro. Se però per l'ennesima volta si dimenticherà la lezione, le dinamiche democratiche nei prossimi mesi potrebbero tornare a giocarle pessimi scherzi .

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