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Se vince il «sì»: governo di unità nazionale al posto…

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emergenza grecia

Se vince il «sì»: governo di unità nazionale al posto di Tsipras?

Se vince il “sì” alla proposta dell’ex troika datata 26 giugno il premier Alexis Tsipras, che ha fatto campagna per il no, è stato chiaro: «Rispetteremo la volontà dell’elettorato e io non sono un uomo per tutte le stagioni», lasciando intendere che si dimetterebbe un secondo dopo il verdetto del popolo.

Un governo di unità nazionale formato da Nea Dimokratia (76 deputati), Pasok (13) , To Potami (17) e la parte moderata di Syriza (149) potrebbe essere formato in tempi rapidi.

Il governo attuale Syriza-Anel ha una maggioranza di 162 su 300. L’ala radicale della sinistra conta 30-40 deputati e Anel 13. Sarebbe quindi necessario imbarcare Nea Dimokratia oltre a Pasok e To Potami.

A quel punto la nuova maggioranza dovrebbe votare un nuovo premier. Il moderato ex ministro dell’Economia Yannis Dragasakis, insieme all’ex governatore della Banca di Grecia, George Provopoulos e (meno probabilmente) all’attuale governatore Yannis Stournaras, ex ministro delle Finanze, del governo Samaras) potrebbero essere tra i candidati più gettonati.

Appena nominato, il nuovo premier “tecnico”, dunque, dovrebbe prendere l’aereo per Bruxelles e, con il cappello in mano, firmare senza fiatare il via libera alle proposte rese pubbliche da Jean-Claude Juncker pochi giorni fa: nuovi tagli alle pensioni minime e ai prepensionamenti visto che l’età pensionabile è già stata portata a 67 anni per tutti dal 2012, obiettivi rigidi di avanzo primario, una dura riforma fiscale, tagli di 400 milioni di euro alle spese militari, privatizzazioni e liberalizzazione del mercato del lavoro.

I creditori a quel punto dovrebbero sbloccare gli aiuti necessari per saldare i debiti di Atene: l’ultima tranche ferma da agosto, (la Grecia vive da un anno senza aiuti dei creditori) da 7,2 miliardi del piano di assistenza da 240 miliardi e gli 11 miliardi nel fondo salva banche non ancora spesi. Quanto basta per rimborsare gli 1,6 miliardi di prestiti già scaduti dell’Fmi e i 7 circa dovuti alla Bce tra luglio e agosto, per gli acquisti di bond greci fatti nel 2010 con il Security Market Programme da Trichet dalle banche francesi e tedesche che così riuscirono a tirarsi fuori dal rischio-Grecia a spese dei contribuenti europei.

Non è detto, però, che tutto fili così liscio. Anzi, gran parte degli osservatori disegna scenari differenti. La prima cosa da tenere presente è che la Grecia è in un momento in cui il programma di aiuti è spirato e la rata all’Fmi non è stata pagata: quindi senza un accordo lampo con i creditori le banche sarebbero a rischio default.

A quel punto, però, la Bce potrebbe decidere di alzare il livello dell’Ela, oggi a 89 miliardi di euro della linea di emergenza per le banche greche e tenerle a galla. I controlli di capitale potrebbero essere eliminati e le banche tornerebbe a funzionare normalmente. Il governo di unità potrebbe però durare poco e si renderebbe necessario indire elezioni anticipate.

Si parla già del 26 luglio come data possibile, ma è tutto ancora da verificare. Il partito di Tsipras si ripresenterebbe in funzione anti-memorandum appena firmato ricordando tutti gli errori passati dai precedenti accordi sotto il segno dell’austerity, mentre l’opposizione, in questo caso, potrebbe coalizzarsi in un cartello pro-euro per conquistare il premio di maggioranza di 50 seggi.

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