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Mercati in allerta, resta il rischio-Atene

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Mercati in allerta, resta il rischio-Atene

Stupore. Timore. Delusione. Questi, ieri sera, gli stati d’animo tra gli investitori. A caldo, mentre le notizie (seppure contradditorie) delineavano i contrasti all’interno dell’Eurogruppo, gli operatori non nascondevano la loro preoccupazione.

«Nel caso non si arrivi ad un accordo prima dell’apertura di domani - dice Claudio Barberi di MoneyFarm.com - è probabile possa assistersi ad un forte flusso di vendite. Soprattutto, sull’azionario dei Paesi periferici di Eurolandia». E rispetto ai titoli di Stato? «Andranno sotto pressione, anche se la presenza dell’ombrello della Bce dovrebbe limitare i danni». «La situazione è confusa -fa da eco Angelo Drusiani di Albertini Syz-. Tuttavia, qualora fossero confermate le divergenze emerse nel pomeriggio, gli spread sono destinati a salire. Non mi stupirebbe vedere il differenziale BTp-Bund tornare verso quota 160». A questo punto «bisogna capire -aggiunge Luca Barillaro, trader di lungo corso a Piazza Affari - se si tratta del rischioso gioco delle parti ad uso e consumo dell’elettorato tedesco. Oppure, se Berlino vuole realmente la Grexit». «Di certo - dice Luca Ramponi, responsabile investimenti di Bcc risparmio & previdenza - con questo scenario, nel breve periodo, dovremo sopportare una grande turbolenza sui mercati». Insomma, gli esperti sono concordi: il rischio è di vedere sparire in un attimo tutto l’ottimismo delle ultime tre sedute.

Già, sparire! In realtà, vista la fluidità della situazione, definire gli scenari futuri è difficile. Così, una strategia per ipotizzare le reazioni dei mercati può essere quella di analizzare il passato. Il pensiero, dapprima, corre a lunedì 29 giugno. Cioè, il primo giorno di contrattazioni dopo l’annuncio del referendum sulle proposte della ex Troika. Ebbene, in quella seduta Piazza Affari è crollata del 5,17% mentre l’indice Euro Stoxx 50 ha ceduto del 4,21%. Nella stessa giornata lo spread BTp-Bund è balzato a 160 punti base contro la chiusura a quota 123 del venerdì precedente. A ben vedere, però, l’allargamento del differenziale non è stato causato solo dalle vendite sul decennale italiano (il rendimento è salito al 2,4%). Ma anche dagli acquisti sul titolo di Berlino. Insomma, l’ondata di «sell» non ha travolto Roma. Una dinamica, è l’indicazione di molti, indizio dell’intervento da parte della Bce. Tutt’altro il discorso, invece, sull’euro.

La moneta unica infatti, in quella seduta, si è rafforzata verso il dollaro. Mercati impazziti? Assolutamente no. È stato l’effetto della chiusura delle coperture degli investitori extra-europei che, impauriti proprio per l’evolversi della situazione, sono fuggiti dall’Eurozona. Archiviato il lunedì nero, i listini sono rimasti preda della volatilità. In attesa, ovviamente, della consultazione popolare in Grecia fissata domenica scorsa. Come è noto la vittoria dei «no» è stata schiacciante. Un risultato che, a detta di molti, avrebbe provocato il lunedì successivo l’esatta replica di quanto accaduto sette giorni prima. In realtà, la sceneggiatura dei mercati è stata un po’diversa.

Certo, il Ftse Mib è nuovamente crollato (-4,03%). E però da una parte lo Spread, seppure arrivato oltre 162 punti base, non è salito così tanto rispetto al venerdì precedente. E, dall’altra, la moneta unica è scivolata all’ingiù. Il segnale di maggiore sfiducia sulla moneta unica? Gli esperti hanno risposto: no. In realtà la divisa di Eurolandia, da tempo, si muove in un’area compresa tra 1,10 e 1,12. Un po’ va su e un po’ va giù. Il classico «trading range» dove ogni notizia, o dato economico, offre spunti al ribasso o al rialzo. Come è accaduto proprio in fine settimana sulla scommessa per la svolta nelle trattative tra Atene e l’ex Troika. Una visione ottimista che, dopo le tensioni legate al crollo dei mercati cinesi, ha dato gas alle Borse. Adesso, almeno a dare retta alle notizie di ieri in arrivo da Bruxelles, la situazione sembra cambiare. Uno scenario mutato in cui proprio domani sono attese le aste del Tesoro sui BTp.