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ORRORE IN MEDIO ORIENTE

Kayla Mueller, l’americana ostaggio dell’Isis, «stuprata da al-Baghdadi»

Kayla Mueller, l'ostaggio americano in mano all'Isis morta lo scorso febbraio in circostanze non ancora chiarite, sarebbe stata costretta ad avere rapporti sessuali con Abu Bakr al-Baghdadi, il leader dell'Isis. Lo riporta l'Associated Press (Ap) citando i genitori della donna, che hanno avuto l’informazione da uomini dell’intelligence Usa. La donna sarebbe stata stuprata più volte da Al-Baghdadi, che l'aveva scelta come moglie.

I funzionari americani hanno ricevuto le informazioni da una giovane di etnia yazida che era stato tenuto in ostaggio insieme alla donna, anche lei schiava sessuale dei jihadisti che è poi riuscita a fuggire. L’Isis aveva annunciato la morte della Mueller lo scorso febbraio affermando che era stata uccisa da un raid aereo giordano in risposta all’uccisione di un pilota di Amman da parte dello Stato islamico. Gli Stati Uniti però hanno messo in dubbio questa versione. La famiglia della giovane attivista per i diritti umani, morta a soli 27 anni, sostiene che Kayla sia invece stata uccisa dall’organizzazione terroristica conosciuta come Stato Islamico.

Kayla era attiva da tempo nel campo umanitario, con esperienze in India e Medio Oriente. Il 3 agosto 2013, al ritorno dalla città siriana di Aleppo dove si era recata nel locale ospedale a lavorare per un giorno, con un collega spagnolo di Medici Senza Frontiere, era stata rapita dai miliziani dell'Isis. È rimasta prigioniera dell'Isis per 18 mesi. Nel luglio 2014 una missione americana di soccorso organizzata per salvare lei e altri ostaggi nel nord della Siria fallì perché i prigionieri erano già stati trasferiti in un'altra località.

Dopo la sua morte, l’Isis ha inviato le foto del cadavere alla famiglia, almeno tre immagini. In una sul volto di Kayla si notavano alcuni lividi ed ematomi. Quei lividi erano probabilmente opera proprio di Abu Bakr al Baghdadi, il «Califfo», che l'aveva scelta come moglie e la costrinse ad avere rapporti sessuali «ripetutamente». L'intelligence americana ha raccolto altri indizi, che confermano le accuse, e a giugno ha informato i due genitori, Carl e Marsha Mueller. La notizia che la cooperante statunitense era stata in “sposa” a un leader jihadista è emersa poco dopo la sua morte, ma nessuno aveva mai fatto il nome del leader dell'organizzazione Baghdadi.

La giovane era tenuta prigioniera da Abu Sayyaf e dalla moglie Umm Sayyaf: lui, considerato il tesoriere dell'Isis e responsabile della vendita del petrolio, è stato ucciso in un raid a giugno. Lei è stata catturata e consegnata alle autorità del Kurdistan, dove si prepara un processo. Negli interrogatori ha confermato lo stupro dell'ostaggio Usa.

La storia di Kayla Mueller ha tenuto col fiato sospeso tutta l'opinione pubblica americana e occidentale. Il fidanzato, Omar Alkhani, un siriano, tornò nel Paese per strapparla dalle mani dei jihadisti dicendo che era sua moglie. Riuscì a vederla - ha raccontato - ma la giovane negò che fosse suo marito per paura di metterlo in pericolo. La ragazza «poteva fuggire», ha rivelato Foreign Policy, ma rimase in prigionia per aiutare un'altra occidentale, in cattive condizioni di salute. In una straziante lettera ai genitori, poco prima di morire scriveva: «ho ancora molta forza dentro di me per lottare. Non sto crollando, non cederò, non importa quanto ci vorrà». La sua tragica sorte è simile a quella di tante ragazze e ragazzine siriane, irachene, libiche. Un vero e proprio “bazar delle schiave del sesso”, in taluni casi costrette a operarsi per tornare vergini, ha denunciato l'Onu. Le ragazze yazide, rapite a centinaia in Iraq, hanno denunciato che «gli emiri dell'Isis venivano ogni giorno e sceglievano una ragazza. C'erano anche bambine di 12 anni». Una di loro ha raccontato di essere passata per le mani di un miliziano turcmeno, quindi di un emiro, che l'ha 'regalata' a un amico ceceno. Gli attivisti di Raqqa hanno scritto che i jihadisti sono «malati di sesso», protagonisti di atti «brutali». E proprio una “schiava” è il premio che l'Isis nell’est della Libia ha messo in palio per i primi tre classificati di un concorso di recitazione di versetti coranici.

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