Si sta per chiudere un agosto nero per i mercati finanziari globali. Da inizio mese Wall Street ha perso il 6%, Piazza Affari il 6,8%. Ma in Europa la Borsa peggiore - al netto di clamorosi ribaltoni di domani - è quella di Francoforte con il Dax 30 arretrato del 9% riducendo il guadagno da inizio anno al 5%.
Il flop del listino tedesco non è casuale e dimostra che, seppur in preda alla massima volatilità e a scambi algoritmici (che ormai la fanno da padrone) capaci di fomentare a dismisura situazioni di panic selling, sui mercati finanziari c’è una logica di fondo. La Borsa tedesca è quella, tra le europee, che più risente di un eventuale rallentamento della Cina. Il giro d’affari della Germania in Asia (dove la Cina occupa la parte preponderante) è del 20% del totale delle esportazioni mentre per l’Italia è decisamente più ridotto (2,4% export verso la Cina). Del resto lo scrollone della Borsa di Shanghai - che nell’ultima settimana ha perso l’8%, nel mese di agosto il 12% e dai massimi di giugno il 37% mandando in fumo una capitalizzazione potenziale di 3.300 miliardi di dollari (senza contare i 1.900 miliardi persi dalla Borsa di Shenzen)- non è detto che sia arrivato al punto minimo. La People’s Bank of China è corsa più volte ai ripari, iniettando miliardi di liquidità attraverso l’acquisto di pronti contro termine, abbassando il costo del denaro per la quinta volta da novembre, riducendo il coefficiente di riserva obbligatoria per le banche e aprendo la porta della Borsa ai fondi pensione che hanno una potenza di fuoco da oltre 300 miliardi di dollari. Un mix di misure che ha impedito al panic selling di trasformarsi in qualcosa di strutturale. Ma l’effetto di questo agosto traumatico è che ormai sulla Cina è stato acceso un faro da parte di tutti gli investitori. Per questo motivo i dati che nei prossimi giorni saranno diffusi dal governo di Pechino verranno soppesati con molta più attenzione che in passato. In questa direzione, il primo banco di prova di settembre arriverà martedì, quando verrà comunicato il dato definitivo dell’indice Pmi di agosto. Sarà importante non deludere le attese perché il 21 agosto - quando la Cina ha comunicato un calo della produzione industriale ai minimi da sei anni - sui mercati sono partite raffiche di vendite, mettendo ufficialmente in dubbio le stime ufficiali di crescita del Pil nel 2015 che secondo il governo di Pechino si attestano intorno al 7% ma secondo alcuni analisti potrebbe essere la metà.
Tra i prossimi market mover che potranno alimentare o spegnere la volatilità - che resta ancora alta visto che l’indice che la misura, il Vix, è a quota 26 mentre in condizioni di normalità viaggia a 10-15 punti - ci saranno giovedì il meeting della Banca centrale europea e venerdì i dati Usa sul lavoro. Il governatore Mario Draghi - assente al simposio di Jackson Hole tra i banchieri centrali di questo week end - dovrà esporsi sulla possibilità di aumentare l’acquisto di titoli nell’ambito dell’operazione di quantitative easing partita a marzo e che al momento vede per la Bce un impegno finanziario da 60 miliardi di euro al mese. Il membro della Bce, Peter Praet, nei giorni scorsi, ha aperto a questa opzione. I mercati attendono ora di capire se anche Draghi la pensa così.
Venerdì dagli Usa arriveranno i non farm payrolls,cioè i dati sull’occupazione che non contano i lavoratori del settore agricolo. Se saranno buoni la Fed non avrà più alibi - se non quello della bassa inflazione (0,2%, anche se quella attesa per il 2016 è al 2,8%) - per non rialzare i tassi il 17 settembre. Questa data, quando parlerà il governatore della Fed Yanet Yellen (anche lei assente al summit del Wyoming) resta al momento il market mover dell’anno. I mercati prezzano le possibilità di un rialzo dei tassi negli Usa a settembre al 25-30%. Se la Fed deciderà di alzare il costo del denaro, interrompendo una scia espansiva che dura da 10 anni, i mercati potrebbero reagire male. Il problema è che anche qualora rimandasse la stretta non è detto che facciano salti di gioia. In particolare la Borsa di Wall Street le cui valutazioni sono da tempo tirate. Lo si è visto più volte in primavera quando venivano aggiornati i massimi con lievissimi scatti. Come un corridore che dopo aver corso tanto ha finito la benzina. O, semplicemente, ha bisogno di altro doping.





