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Migranti, Berlino alza il tiro per strappare un’intesa sulle quote

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VERTICE A BRUXELLES

Migranti, Berlino alza il tiro per strappare un’intesa sulle quote

  • –dal nostro corrispondente

I ministri degli Interni dei Ventotto si riuniscono in queste ore qui a Bruxelles per discutere delle ultime proposte della Commissione europea in vista della redistribuzione vincolante di 120mila rifugiati in tutta Europa. Le divisioni tra i Paesi continuano a segnare la trattativa. In particolare alcuni stati membri non vogliono sentire parlare di quote obbligatorie. Nel tentativo anche di mettere sotto pressione questi Paesi, la Germania ha reintrodotto i controlli alle frontiere.

In Ungheria, in Slovacchia, nella Repubblica Ceca o in Romania è forte l'opposizione a un ricollocamento d'autorità dei profughi arrivati alle frontiere orientali e meridionali dell'Europa. Il fronte dell'Est si è però spezzato dopo che la Polonia, il più grande Paese della regione, si è detta disponibile ad accettare i rifugiati, così come proposto dall'esecutivo comunitario. La decisione sul pacchetto legislativo deve essere presa a maggioranza qualificata.

A sorpresa, il governo tedesco ha deciso di reintrodurre il controllo della frontiera con l'Austria. La scelta potrebbe sembrare un dietrofront dopo che nei giorni scorsi Berlino aveva annunciato di voler accogliere fino a 800mila rifugiati quest'anno. Non è chiaro se le cose stiano esattamente in questi termini, in altre parole se la Germania si stia rimangiando le promesse. Per ora, la decisione è legata a motivi pratici, oltre che a ragioni politiche legate alle trattative in corso a livello europeo.
Nella sola giornata di sabato, Monaco ha ricevuto 12.200 rifugiati. L'impegno organizzativo è notevole. Alcuni Länder stanno avendo difficoltà a gestire la situazione, e stanno protestando. La cancelliera Angela Merkel ha quindi deciso di sospendere la libera circolazione per dare tempo alle autorità nazionali di smaltire gli arrivi, rispondendo così alle critiche in patria, rimbalzate nei giorni scorsi anche in un duro commento della Frankfurter Allgemeine Zeitung.

Il secondo motivo è legato alla trattativa europea. Nel reintrodurre i controlli alle frontiere, la Germania sta mettendo volutamente sotto pressione i Paesi più refrattari all'idea di accogliere immigrati. Nei fatti, Berlino sta dicendo loro che in assenza di un accordo sulle quote di ricollocamento il rischio concreto è che i rifugiati siano bloccati nei Paesi di transito: vale a dire proprio la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l'Ungheria, per non parlare della Grecia e dell'Italia.

In questo contesto, Roma sta dando battaglia per ottenere il ricollocamento dei rifugiati, di cui naturalmente beneficerebbe insieme ad Atene e a Budapest. A leggere una parte della stampa nazionale, una fetta dell'establishment vorrebbe condizionare la creazione di centri di accoglienza in Italia, come richiesto dai partner, al benestare dei Ventotto in vista di una redistribuzione dei profughi. La posizione italiana è «più elaborata», spiega un negoziatore italiano.
Si può sospettare che in alcuni ambienti politici gli hotspots - centri per l'identificazione e il fotosegnalamento dei migranti nei Paesi di primo approdo - gestiti in parte dalla stessa Unione, siano ritenuti una minaccia alla sovranità italiana e a una gestione senza influenze esterne del territorio nazionale. Condizionare gli hotsposts alla redistribuzione è tuttavia una posizione impossibile da difendere. Tutti i partner ritengono che i centri di accoglienza siano una condizione per la redistribuzione. Come dare loro torto? Non è possibile redistribuire le persone se i rifugiati non sono registrati nei paesi di arrivo.

Nei fatti, l'esito della riunione di oggi rimane incerto. Una maggioranza di Paesi esige il ricollocamento obbligatorio di 120mila rifugiati. Vorrà imporre una presa di posizione in tal senso con un voto formale fin da oggi, mettendo in minoranza i paesi refrattari; o preferirà rinviare la partita su questo nodo controverso al negoziato diplomatico? La questione è ancora aperta, e non è chiaro se le conclusioni della riunione prenderanno posizione sull'obbligatorietà o meno delle quote. Nei giorni scorsi, diplomatici del Lussemburgo, rappresentanti della presidenza di turno dell'Unione, hanno spiegato che l'obiettivo dell'incontro di oggi non è di trovare un accordo definitivo sulla proposta comunitaria, ma piuttosto di raggiungere una intesa per dare mandato alle delegazioni nazionali perché negozino un testo legislativo da presentare ai ministri l'8 ottobre. Il successo del vertice dipenderà da quanto preciso sarà l'accordo di oggi.

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