Mondo

La Silicon Valley è a rischio bolla? Forse no, ma le big iniziano…

  • Abbonati
  • Accedi
ANALISTI PREOCCUPATI

La Silicon Valley è a rischio bolla? Forse no, ma le big iniziano a licenziare

Cosa succede al sogno californiano? È quello che si stanno chiedendo gli analisti finanziari di mezzo mondo, dopo il boom di licenziamenti che sta colpendo le big della Silicon Valley. L'esplosione degli ultimi anni sta attraversando un momento di flessione, e le ristrutturazioni degli organici interni sono un sintomo che preoccupa. Qualche giorno fa Twitter ha deciso di mandare a casa l'8% dei suoi dipendenti. Eppure, quella del social network con sede a Market Street è solo una delle tante storie di questo genere che riguardano i colossi della West Coast. Le cronache finanziarie strabordano di notizie simili.

La rivista americana Fortune, in una classifica pubblicata qualche giorno fa dal titolo “I 10 più grandi licenziamenti del 2015, finora” inserisce due big del settore tecnologico: Hp (al secondo posto) e Microsoft (al settimo). Hewlett Packard sta lavorando alla separazione del suo gruppo in due società: una specializzata in server e software e una dedicata a pc e stampanti. La prima di queste subirà un taglio di circa 30 mila dipendenti (il 10% del totale). C'è da aggiungere che il gruppo è reduce da 54 mila tagli in tre anni e il Ceo, Meg Whitman, ha aggiunto che questi potrebbero crescere ancora. Microsoft, invece, ha pagato a caro prezzo l'acquisto di Nokia ed ha annunciato il licenziamento di 7800 lavoratori proprio nel comparto della telefonia. Ma le sorprese non finiscono qui.

Sono dovute ricorrere ai licenziamenti anche realtà del tutto nuove come Snapchat e Flipagram. La prima, startup che si occupa di foto che si autodistruggono, è stata a lungo corteggiata da Facebook. Adesso sta tagliando il suo Snap Channel, lasciando a casa una quindicina di persone. Sforbiciata al personale anche per Qualcomm. Questa, attenzione, è più la grande società al mondo nella produzione di chip. E il boom degli smartphone ne ha fatto un colosso finanziario. Negli ultimi mesi, però, qualcosa è cambiato. Samsung, ad esempio, ha deciso di abbandonare gli Snapdragon, e il calo nel fatturato è diventato importante. Inoltre si è vista comminare una multa da 975 milioni di dollari dall'antitrust cinese. Ora sono a rischio migliaia di lavoratori (il 10% del totale).

La Silicon Valley a rischio bolla?
Se i tagli al personale possono essere un sintomo di una patologia più grave, sarà il tempo a dirlo. Intanto, però, crescono le voci circa una Silicon Valley a rischio bolla. Peter Cohan, esperto di startup economy, ha scritto su Forbes che ci sono alcuni indizi che confermerebbero questo rischio, come l'andamento delle IPO (il 60% di queste – nel 2015 – non è stato coperto, i rendimenti medi sono scesi del 4% e l'ultimo è stato il primo trimestre negativo a partire dal 2011) e l'aumento dei licenziamenti. I timori è che possa ripetersi quanto accaduto a metà degli anni '90, quando diverse società legate alla Rete, dopo una crescita esponenziale fallirono miseramente. Quella fu ribattezzata “la bolla delle dot com”. Oggi, si respira un'aria molto simile. Fa riflette, in effetti, sapere che negli Stati Uniti le società con una valutazione che supera il miliardo di dollari fino a pochi anni fa erano una rarità. Le chiamavano “unicorni”. Oggi, come scrive il New York Times, «ce ne sono 107», tanto che gli investitori hanno coniato un nuovo termine (“decacorno”) per individuare quelle valutate più di dieci miliardi. Ed è calzante, qui, l'esempio di Uber, startup che in pochissimi anni ha raggiunto un valore stratosferico. Sempre il New York Times ha chiamato in causa alcuni esperti del settore per parlare dei rischi concreti. Anand Sanwal, fondatore di CB Insights, ha detto che: «al momento c'è un po' di follia e la gente sta pagando le quote in alcune società a un prezzo eccessivo: ma una serie di cattivi investimenti non vogliono dire che ci troviamo in una bolla». Stessa linea d'onda per George Zachary, socio della Charles River Ventures, che ha parlato di «sopravvalutazione e inconsistenza».

I numeri per ora non sono affatto drammatici. Nella valle del silicio si contano più o meno 1,5 milioni di posti di lavoro, e nel 2014 si è registrato un aumento di oltre 4 punti percentuali (58 mila nuovi impieghi). Lo stipendio medio annuale è altissimo 116mila dollari, che è circa il doppio della media Usa. Sullo sfondo, però, l'ombra dei licenziamenti che sembra diventare sempre più inquietante. Bolla o non bolla.

© Riproduzione riservata