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Vecchia e in frenata: perché la Cina dice addio al figlio unico…

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gli acciacchi del dragone

Vecchia e in frenata: perché la Cina dice addio al figlio unico (sperando di non fare la fine del Giappone)

Ne sono cambiate di cose, per la Cina, da quel lontano 1979 in cui venne introdotta la politica del “figlio unico”, ossia il divieto di avere più di un erede (salvo rare eccezioni). Nel 1980 il Dragone aveva 969 milioni di abitanti, oggi ne ha 1350 milioni. Ma il tasso di crescita della popolazione, rispetto a 35 anni fa, è più che dimezzato: era l’1,2% nel 1980, si ritrova appena allo 0,5% oggi, secondo i dati della Banca Mondiale. Un livello davvero misero, doppiato di slancio dall’India (1,2%) e superato persino dagli Stati Uniti (0,7%).

Il Dragone invecchia...
Insomma la Cina invecchia. Proprio per colpa del figlio unico. «L’impatto negativo di uno dei tentativi di ingegneria sociale più di successo della storia è già assicurato, con un declino del 3% della popolazione in età lavorativa in Cina tra il 2015 e il 2030, secondo le stime delle Nazioni Unite», nota Craig Botham di Schroders. Il Dragone sta infatti raggiungendo il picco della popolazione compresa tra i 15 e i 64 anni proprio adesso, con gli ultrasessantenni che crescono mentre i minori di 14 anni stanno calando.

...E rallenta la sua corsa
Una Cina più vecchia, dunque, ma anche meno dinamica. Il Pil ha decelerato al 6,9% nel terzo trimestre 2015, per la prima volta in sei anni al di sotto della barriera psicologica del 7%. Se pensiamo che otto anni fa riusciva a superare il 14% - il doppio di adesso - un brivido corre lungo la schiena del futuro del Dragone. C’è chi teme che futuro della Cina possa essere fosco come il presente del Giappone: fatto di popolazione anziana e stagnazione. Un interessante studio di Charles Schwab lo mostra plasticamente: la curva della popolazione in età lavorativa cinese ricalca perfettamente quella giapponese, ma a distanza di una ventina d’anni. Stesso declino, circa una generazione dopo.

Ma il secondo figlio salverà la Cina?
La fine della politica del figlio unico salverà la Cina dalla condanna demografica? C’è da dubitarne, almeno nel breve e medio periodo. «Incrementare il tasso di fertilità aiuterebbe, ma non vi è certezza sull’efficacia della rimozione della politica di un figlio unico in tal senso - spiega ancora Botham - . In precedenza, allentamenti di tale politica hanno visto risultati limitati: l’ultimo, nel 2014, ha dato a 11 milioni di coppie la facoltà di avere un secondo figlio, ma solo un milione ha fatto domanda». Dopo 36 anni, ci vorrà insomma del tempo per fare retromarcia sul figlio unico.

Un secondo nato a caro prezzo
Inoltre, molti giovani cinesi segnalano come il costo di mantenimento dei figli, in particolare per l’istruzione, sia una delle barriere maggiori alla possibilità di avere famiglie numerose. «I costi per il mantenimento dei figli dovrebbero essere ridotti - sottolinea Botham - . A tal fine dovranno essere forniti un sistema educativo e servizi per l’infanzia di alta qualità ed economici (preferibilmente gratuiti), e probabilmente anche una riforma dell’intero sistema del welfare. Finché tali problemi non saranno affrontati, riteniamo che la fine della politica del figlio unico non produrrà un boom demografico».

Riuscirà l’autoritario dirigismo cinese a risolvere d’imperio anche questo problema, come ha tentato di fare con il crollo della Borsa di Shanghai?

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