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polemiche per la mancata vigilanza al teatro

La débâcle dei servizi segreti francesi di fronte alla strategia degli attentati multipli

La serie di attentati mortali a Parigi corrisponde a una débâcle dei servizi segreti francesi a due settimane dal summit Cop 21 (e oggi confermato) sul clima che si terrà proprio nella capitale francese? Come è possibile che non si sia realizzato nelle segrete stanze che un aumento dell’offensiva contro l’Isis da parte anche dei raid francesi si sarebbe potuta trasformare in una contro-offensiva in Europa o in Francia verso obiettivi meno protetti sia per allentare la tensione sul terreno di guerra in Siria e Iraq che per mantenere intatto il prestigio internazionale del Califfato verso i giovani reclutati proprio in Europa?

Probabilmente l’intelligence transalpina era pronta e si aspettava una risposta e non a caso, ufficiosamente, si parla di decine di tentativi di attentati scoperti negli ultimi tempi. Ma i terroristi hanno usato tecniche nuove, non da lupi solitari ma da guerriglia urbana con gruppi di fuoco coordinati e ben addestrati che hanno colpito numerosi obiettivi contemporaneamente e non sensibili, quindi più facilmente raggiungibili così come avvenne con dieci attentati simultanei il 26 novembre 2008 a Mumbai in India che provocò 195 morti.

Inoltre i gruppi di fuoco o le cellule dormienti dei terroristi potrebbero essere arrivate da paesi vicini come Germania, Belgio o Olanda così da poter giocare sul fatto di non essere conosciuti o sotto controllo da parte dei servizi francesi. Cioè di usare a proprio vantaggio le zone d’ombra del coordinamento tra servizi segreti europei.

«Gli attacchi sono stati rivendicati dallo Stato Islamico (Isis) e confermano un cambiamento strutturale nel suo modus operandi, che rappresenta un preludio a ulteriori attacchi in Occidente». La Francia è presa di mira a causa del suo ruolo nelle incursioni aeree guidate dagli Stati Uniti contro l'Isis in Iraq e Siria. Attraverso questo attacco, la leadership dell’ Isis persegue una strategia di attacchi di rappresaglia contro qualsiasi paese che conduca attacchi aerei sulle sue basi in Iraq e Siria. Questo è molto diverso da ciò che è venuto prima», spiega Mujtaba Rahman della società di consulenza Eurasia Group.

«Nel 2013 e 2014, l’Isis dava priorità ad attaccare il regime di Assad e la popolazione sciita in Iraq, come il cosiddetto “nemico vicino”. L’Isis è sempre stato anti-occidentale ma non aveva come priorità quella di attaccare bersagli al di fuori del Medio Oriente. «Oggi - dice Rahman - invece mira direttamente all'Occidente. La strategia di Isis è progettata per limitare qualsiasi impegno militare che abbia come obiettievo quello di contenerlo o sconfiggerlo in Siria e in Iraq. Gli attacchi contro l'Occidente tendono a non compromettere le sue attività intorno al suo hub in Iraq e Siria».

In questo quadro in evoluzione la polizia francese ha recuperato un passaporto egiziano oltre ad uno siriano a fianco ai corpi dei due attentatori morti allo Stade de France di Parigi. Il passaporto siriano ha aperto alle ipotesi della “pista siriana”. «Un’ipotesi di lavoro», hanno precisato le fonti degli inquirenti, la cui autenticità deve essere verificata dai servizi di sicurezza francesi in collaborazione con i colleghi europei. Il passaporto, comunque, potrebbe confermare il fatto che uno o più membri del commando che hanno seminato terrore e morte a Parigi si siano addestrati alla jihad in Siria.

Non solo. Dalla Grecia è arrivata l’importante notizia che il titolare del passaporto siriano trovato su uno dei corpi degli aggressori di Parigi era stato registrato in Grecia lo scorso ottobre come profugo. Lo ha riferito il vice ministro degli Interni greco Nikos Toskas, precisando che è «passato per l’isola di Lesbo il 3 ottobre scorso dove è stato identificato in base alle regole dell'Ue». Toskask, «riguardo il caso del passaporto siriano trovato nell'area dell'attentato terroristico», come si legge nella nota pubblicata online, ha poi precisato di non sapere «se il passaporto sia stato controllato da altri Paesi attraverso cui è possibile che sia passato il titolare». Successivamente si è appreso che ben due attentatori, ora ricercati, erano entrati in Europa dalla Grecia. Ma questo apre un’ ulteriore falla nei controlli incrociati tra paesi e servizi di sicurezza europei.

Ma non basta. Un altro attentatore morto nel locale Bataclan sarebbe stato identificato come un cittadino francese già noto ai servizi di sicurezza. Eppure non è bastato a evitare la strage.

È anche possibile che, vista l’età molto giovane degli assalitori a Bataclan, si tratti di una nuova ondata di jiadisti, di gruppi nuovi di terroristi dove l’intelligence francese ed europea in generale non aveva ancora infiltrati o composta da persone che non si conoscono neppure tra loro, coordinati da personalità esterne. Un salto di qualità a cui l’intelligence non era pronta.

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