Abdelhamid Abaaoud, la mente delle stragi di Parigi, è stato formalmente identificato tra i terroristi uccisi nel raid a Saint-Denis: è quanto annuncia oggi la procura di Parigi.
Imprendibile, scaltro spietato. Nelle carte degli inquirenti francesi e belgi, tra le intelligence di mezza Europa, il nome di Abdelhamid Abaaoud compare tante volte. Troppe. In un modo o nell’altro, l’uomo sospettato di essere l’architetto degli attentati di Parigi si incrocia con tutti i più recenti complotti terroristici contro la Francia e il Belgio. Che non sono pochi. E non è un caso che sia nato e vissuto in Belgio. Perché il Belgio è divenuto un crocevia di jihadisti.
Era Abaaoud, secondo alcune fonti, l’uomo in contatto con Ayoub El-Khazzani, autore dell’attentato del 21 agosto sul treno Thalys Amsterdam-Paris. Ancora Abaaoud il misterioso jihadista connesso dagli inquirenti con Sid Ahmed Ghlam, uno studente algerino che progettava attacchi contro le chiese di Villejuif lo scorso aprile. Abaaoud era anche uno dei conoscenti più stretti di Mehdi Nemmouche, l’autore del massacro al museo ebraico di Bruxelles, nel maggio del 2014. Sempre Abaaoud il capo della cellula di Verviers, sgominata il 15 gennaio dalla polizia belga. Abaaoud, sempre Abaaoud, anche in relazione a un attentato pianificato contro una chiesa di Villejuif, il 19 aprile.
Ma chi era questo 28enne magro e dalla barba nera, nato in Belgio ma di cittadinanza francese, designato dall’Isis come il responsabile per addestrare i jihadisti che pianificano attentati in Europa e ucciso nel raid delle teste di cuoi francesi di mercoledì mattina a Saint-Denis?
Il suo nome di battaglia è Abu Omar Soussi, ispirato alla regione del Marocco di cui è originaria la sua famiglia. Come diversi altri foreign fighters, Abaaoud non è il frutto del disagio sociale e dell’emarginazione. Ha vissuto sì a Moolenbeek, il quartiere di Bruxelles ormai noto alle cronache per essere un centro per il reclutamento di foreign fighters, ma la sua famiglia è ben integrata e peraltro benestante. Tanto che il padre, commerciante, si può perfino permettere di iscrivere suo figlio a una scuola di Uccle, un sobborgo di Bruxelles frequentato da ricchi. Ma la sua indole violenta appare fin dalla prima giovinezza. Già prima di entrare in quella scuola era stato detenuto per poco tempo per reati minori.
La svolta arriva però nel 2013, quando si reca in Siria per unirsi alle file dell’Isis. Abdelhamid sa muoversi bene. A inizio del 2014 riesce addirittura a portare con sé il più piccolo dei suoi sette fratelli, Younes, appena 13 anni. Lo vuole indottrinare e trasformare nel più giovane jihadista del mondo. Due mesi dopo Abdelhamid appare in un video alla guida di un 4x4 che trascina nella polvere dei corpi mutilati. Persone appena giustiziate. «Prima ce ne andavamo con le macchine in vacanza nei nostri Paesi, trascinando dietro rimorchi, pieni di regali per i nostri cari. Ora trasciniamo gli infedeli, quelli che combattono l’Islam». Commenta l’ormai esperto jihadista.
La sua carriera tra i ranghi dell’Isis è fulminea. Diviene subito il capo del battaglione Isis di jihadisti fiamminghi. Giovani cresciuti in Europa che non parlano l’arabo. Uno squadrone corposo e particolarmente aggressivo. I vertici gli affidano l’incarico di addestrare i jihadisti che pianificano attentati in Europa.
Ma perché il piccolo Belgio è divenuto il Paese con la più alta percentuale di aspiranti jihadisti partiti in Siria e Iraq?
I motivi sono diversi. Il Paese ha un welfare generoso, e soprattutto è stato molto aperto nei confronti dell’immigrazione (almeno fino a poco fa). Tanto che nel 2012/2013, un piccolo partito islamico, che puntava a far adottare la sharia per via referendaria, è riuscito a insediare due suoi uomini nel consiglio comunale di Bruxelles e in altri comuni. La comunità musulmana è numerosa (oltre il 6% della popolazione) ma da tempo lamenta gravi discriminazioni. L’intolleranza dei partiti di destra fiamminghi ha poi riacceso il fuoco che covava sotto la cenere .
È a Molenbeek, in questo quartiere di Bruxelles, dove vivono 90mila persone e in alcune aree l’80% degli abitanti è musulmano, che la polizia ha arrestato 5 persone tutte collegate ai tragici eventi di venerdì sera. Anche in altri attentati islamici, quelli del gennaio 2015 a Parigi, del maggio 2014 a Bruxelles, e del marzo 2004 a Madrid, Molenbeek era stato il luogo di residenza di alcuni dei responsabili. Ma non è il solo centro del radicalismo islamico. Anversa è particolarmente attiva. E che dire di Vilvoorde, centro di 40mila abitanti vicino a Bruxelles da cui sono partiti per Siria e Iraq dai 35 ai 45 aspiranti jihadisti? Nessuna cittadina europea può vantare questo triste primato.
Il radicalismo islamico in Belgio non è tuttavia un fenomeno recente, nato con l’avvento dell’Isis. Fu catturato in Belgio il tunisino Nizar Trabelsi, condannato a 10 anni per un attacco a una base Nato appena dopo l’attentato delle Torri gemelle. Sempre tunisino, e sempre e catturato in Belgio, era anche l’uomo che faceva parte del network qaedista che aveva organizzato l’assassinio del leggendario comandante afghano Shah Massoud, nemico dei talebani, il 9 settembre 2011. Belga era anche Muriel Degauque, convertita all’islam, la prima donna kamikaze europea che si fece esplodere contro un convoglio americano, nel 2005. Ma la svolta arriva nel febbraio 2010. Quando ad Anversa viene alla luce Sharia4Belgium. Il movimento si distingue subito per il suo dinamismo sui social media. Il leader è il carismatico Fouad Belkacem, 32 anni con già tre condanne alle spalle. Nelle sue feroci invettive si scaglia contro gli omosessuali, contro gli infedeli, contro chi definiva terrorista Osama bin Laden. L’obiettivo del movimento è instaurare la sharia nel Belgio. Negli anni seguenti Belkacem organizza, in case private, il reclutamento dei giovani da spedire in Siria. Nel 2012 Belkacem viene arrestato e condannato con l'accusa di incitamento all’odio contro la comunità non musulmana. Sharia4Belgium si scioglie. Ufficialmente. Nel settembre 2014 ad Anversa viene celebrato il più grande processo contro il terrorismo nella storia del Paese: 46 imputati alla sbarra, tutti di Sharia4Belgium, accusati di reclutamento. Ma molte saranno condanne simboliche. La gran parte di loro si trova già in Siria.
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