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Francesco apre la Porta santa del Giubileo in Africa

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«Bangui capitale spirituale del mondo»

Francesco apre la Porta santa del Giubileo in Africa

«Bangui diventa la capitale spirituale del mondo». Con queste parole il Papa ha preceduto di pochi attimi l'apertura della porta santa, la prima del Giubileo della misericordia della chiesa universale in anticipo sulla data ufficiale dell'8 dicembre, che darà l'avvio all'anno giubilare nel mondo intero. Parole - pronunciate a braccio e quindi non previste dal programma - pronunciate davanti ad una folla assiepata davanti alla cattedrale della capitale della Repubblica Centrafrica, una chiesa povera costruita alla fine degli anni Trenta.

«In questa terra di sofferenze ci sono tutti i paesi del mondo» ha detto Bergoglio, «Bangui è la capitale della preghiera della misericordia. Tutti noi chiediamo pace e riconciliazione» ha ribadito il Papa che da questa mattina, dal suo arrivo nel Centrafrica, paese martoriato da una infinita guerra civile, chiede una vera pacificazione e la la fine degli scontri. «Per Bangui e per tutta la Repubblica Centrafricana, per tutto il mondo che soffre per le guerre, chiediamo la pace» e chiede ai fedeli di ripetere questa invocazione, in lingua locale.

Poco dopo l'apertura della porta (in semplice legno..) con la formula codificata da secoli «Aprite le porte della giustizia». Sono passati poco meno di 16 anni da quando Giovanni Paolo II – già visibilmente sofferente - aprì la Porta santa del grande giubileo del 2000, che avvenne la notte tra il 24 e il 25 dicembre 1999.

«Nell'omelia Francesco ha aggiunto: «Anche quando le forze del male si scatenano, i cristiani devono rispondere all'appello, a testa alta, pronti a resistere in questa battaglia in cui Dio avrà l'ultima parola. E questa parola sarà d'amore! A tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo, io lancio un appello: deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell'amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace» e ha detto di sfuggire alla tentazione della vendetta e alla spirale «delle rappresaglie senza fine». Molti applausi.

La visita al campo profughi
«Tutti siamo fratelli, e per questo vogliamo la pace». Scandisce più volte queste parole nel cuore del grande campo profughi di St. Sauveur, a Bangui, dove è arrivato domenica mattina. Il Papa arriva con la macchina scoperta dentro il campo, ed è a lungo circondato dai bambini, tantissimi. Non era previsto un suo discorso, ma prende il microfono e a una popolazione stremata da una guerra civile infinita e soprusi di ogni genere, augura: «Bisogna fare di tutto per la pace, pregare e lavorare, ma non esiste una pace senza tolleranza e senza perdono». Parole chiave in un paese dilaniato da lotte tribali mascherate da conflitti religiosi, che si mischiano ad una guerra combattuta per procura in nome e per contro di interessi economici enormi legati alle ricchezze naturali (oro, petrolio, diamanti e altre materie prime).

Dopo l’arrivo in mattinata il Papa ha tenuto il primo discorso nel palazzo presidenziale “la Renaissance”, dove risiede il capo di Stato di Transizione, Catherine Samba-Panza, un discorso indirizzato alle autorità politiche e al corpo diplomatico. E ha richiamato l’attenzione di «cittadini, responsabilità del Paese, partner internazionali e società multinazionali sulla loro grave responsabilità nello sfruttamento delle risorse ambientali, nelle scelte e nei progetti di sviluppo che influenzano l’intero pianeta». Parole che indicano come sia chiara la posta in gioco nelle prossime elezioni, più volte rimandate, che si terranno il 27 dicembre. Per Francesco «costruire una società prospera è una opera solidale», evitando «la tentazione della paura dell’altro, di ciò che non ci è familiare, di ciò che non appartiene al nostro gruppo etnico, alle nostre scelte politiche o alla nostra confessione religiosa». Inoltre ha espresso il «fervido auspicio che le diverse consultazioni nazionali che si terranno tra poche settimane possano consentire al Centrafrica di intraprendere serenamente una nuova fase della sua storia». E in questo senso ha elogiato «gli sforzi» delle autorità nazionali, internazionali e della presidente di transizione per guidare questa fase. Appena sbarcato a Bangui nel suo profilo twitter è apparso un messaggio eloquente: «Vengo nella Repubblica Centrafricana come pellegrino di pace, e mi presento come apostolo di speranza».

Confermata da padre Lombardi la visita prevista per lunedì mattina alla Moschea di Koudoukou, dove incontrerà la comunità musulmana. Si tratta di una zona considerata a rischio, ma la visita sarà fatta, «se non ci saranno sorprese». Il comandante della Gendarmeria vaticana, Domenico Giani, «è stato sul posto nei giorni scorsi per prendere contatti con le diverse realtà» incaricate di garantire la sicurezza nella città, ha aggiunto padre Lombardi, ricordando che le forze Onu e quelle francesi presenti a Bangui «avranno ognuna compiti specifici». Poi la messa in un complesso sportivo e successivamente il decollo, previsto attorno alle 13, per l’Italia.

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