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Il premier olandese Rutte: otto settimane per salvare Schengen

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WORLD ECONOMIC FORUM

Il premier olandese Rutte: otto settimane per salvare Schengen

Se l’Europa non correrà ai ripari, Schengen ha i giorni contati. O, quantomeno, le settimane: per il primo ministro olandese, Mark Rutte, ci sono al massimo «sei-otto settimane» per salvare l’accordo sulla libera circolazione siglato da 26 Paesi.

L’ultimo allarme (dopo quello già lanciato dal presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk) arriva dal World Economic Forum di Davos, dove Rutte ha spiegato che, con l’arrivo della primavera, bisognerà fare i conti con un incremento dell’ondata di profughi che potrebbe segnare il crollo irriversibile del sistema. Anche il premier svedese Stefan Lofven, sempre da Davos, si è espresso con toni analoghi: «Credo la tempistica sia quella - ha detto -. Sappiamo che quando arriverà la primavera l’ondata tornerà a salire. E la mia argomentazione contro i Paesi che non vogliono accogliere rifugiati è che, se non riusciamo a gestire questa emergenza, è a rischio la stessa Unione europea».

La Svezia, Paese socialdemocratico con una storica tradizione di accoglienza, è anche uno dei sei che - per far fronte a flussi record - hanno sospeso temporaneamente Schengen, reintroducendo controlli alle frontiere persino con la vicina Danimarca. Ora però il rischio è che si arrivi a una sospensione più lunga: in caso di «minaccia sistemica e persistente» alle frontiere esterne, la Commissione Ue può infatti proporre al Consiglio l’attivazione dell’articolo 26 del codice frontiere di Schengen, che prevede la possibilità di introdurre controlli ai confini interni fino a due anni. L’ipotesi era stata già ventilata a dicembre e, secondo fonti Ue citate dall’Ansa, ora la questione si riproporrà al summit di febbraio.

Da Davos è arrivata oggi un’altra voce importante sul tema: quella del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, figura forte di quella Germania dove la linea di apertura ai rifugiati della cancelliera Angela Merkel è sempre più contestata. «Ci vuole un piano Marshall» europeo per ridurre l’ondata di migranti, ha detto Schäuble, riferendosi alla necessità di investire in maniera consistente nelle regioni da cui arrivano i migranti. Questo - ha aggiunto - «costerà agli europei molto più delle spese sostenute finora».

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