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Chi è Kirill, il controverso Patriarca di tutte le Russie

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IL PROFILO

Chi è Kirill, il controverso Patriarca di tutte le Russie

La figura di Kirill, Patriarca di Mosca e di tutte le Russie, non è semplice da inquadrare. Né sarà facile interpretare lo storico abbraccio con Papa Francesco, il primo della storia tra i capi della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa russa. Due persone molto diverse, come i due rami della cristianità separati dal Grande Scisma del 1054, e che oggi si ritrovano vicini all’aeroporto dell’Avana.

Kirill viene da quella che 69 anni fa era Leningrado, e il suo nome era Vladimir Mikhailovich Gundjaev. Il nonno, tra i primi a essere rinchiuso nel lager delle isole Solovetskij, vi trascorse 30 anni; il padre venne condannato a tre anni di lavori forzati alla Kolyma. Nessuno avrebbe mai detto che da un’umile famiglia di religiosi dissidenti sarebbe venuto un Patriarca che, divenuto stretto alleato del potere al punto di stabilire una propria residenza al Cremlino, sarebbe arrivato a definire Vladimir Putin «un miracolo di Dio».

Quando il 27 gennaio 2009 Kirill - allora metropolita di Smolensk e Kaliningrad - venne eletto Patriarca, molti lo descrissero come un modernizzatore. A proprio agio tra i rappresentanti delle altre confessioni: salendo abilmente e con rapidità la scala gerarchica della Chiesa ortodossa sovietica - a 25 anni Kirill già rappresentava l’Urss al Consiglio mondiale delle Chiese - il futuro Patriarca nel 1989 era diventato responsabile delle Relazioni esterne. Fin troppo vicino ai cattolici, secondo i conservatori. Molti predissero già allora un possibile incontro con il “Papa rimskij”, il “Papa di Roma”.

In realtà Kirill - contrario peraltro a ogni riforma della Chiesa in senso liturgico o dottrinale - aveva aperto il conclave che lo avrebbe eletto attaccando il proselitismo di cattolici e protestanti in terra russa. E invocando una «non interferenza reciproca» nei rapporti tra Stato e Chiesa, separazione sancita peraltro dalla Costituzione russa: e tuttavia gli anni successivi vedranno Kirill sempre di più a braccetto con il Cremlino. «Il candidato del potere», titolava nei giorni del conclave il quotidiano Vedomosti. Un Patriarca-politico, che con l’appoggio di Putin ha trasformato la Chiesa ortodossa in una potente istituzione e che, a sua volta, santifica la legittimità di cui il potere terreno del presidente russo ha sempre più bisogno.

Nelle pieghe di questo intreccio si nascondono le tante controversie su Kirill, le voci che lo hanno descritto come agente del Kgb - alla pari del predecessore Alessio - e quelle che lo hanno visto al centro di varie attività finanziarie della Chiesa, compreso l’import esentasse di tabacco e alcolici o lo scandalo “oil for food” in Iraq. E grazie a questo ricchissimo: dalle proprietà immobiliari agli yacht (Kirill sarebbe un appassionato scuba-diver), fino a un “misterioso” orologio da 30mila dollari al polso del Patriarca in una fotografia: scandalosa al punto che venne ritoccata. Anche se nel farlo ci si dimenticò di cancellare anche il riflesso dell’orologio svizzero sul tavolo.

Limitandosi alle parole del Patriarca, è chiara la linea che si interseca con quella del Cremlino: Kirill è in sintonia con Putin nella difesa dei valori conservatori, in contrapposizione al liberalismo dell’Occidente, e dell’identità nazionale russa. Uniti per essere entrambi garanti della stabilità del Paese, la Chiesa pilastro e partner dello Stato. Sulla crisi ucraina Kirill si schierò contro le politiche “antirusse” della Chiesa cattolica ucraino-greca (di rito orientale ma fedele a Roma). Considera «pericoloso» il femminismo, i matrimoni nello stesso sesso «un segnale dell’Apocalisse», gli aborti un’interferenza nei piani di Dio, e «opera di Satana» da punire l’esibizione delle Pussy Riot che nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca cantando supplicarono la Vergine Maria di cacciare Putin. Fino ad arrivare alla Siria, con Kirill a benedire la “guerra santa” lanciata l’autunno scorso «per proteggere la Russia dal terrorismo: e dunque giusta. La cristianità - disse il Patriarca - giustifica gli interventi militari quando vanno a difendere le persone, la società e lo Stato».

«Io vengo dove tu vuoi. Tu mi chiami e io vengo - gli aveva detto Francesco secondo quanto lo stesso Pontefice raccontò al corrispondente della Tass nel 2014 -. Tutti e due vogliamo incontrarci e vogliamo andare avanti». Fino a dove? Al di là del gigantesco valore simbolico dell’incontro di oggi, come cambieranno i rapporti tra cattolici e ortodossi dopo Cuba? Un viaggio del Papa in Russia sembra ancora lontano. E al centro del colloquio - sottolineano i russi - non sarà tanto l’unità delle Chiese: è poco realistico immaginare che Mosca o il Vaticano siano pronti alle enormi concessioni che sarebbero necessarie per riconciliarsi sul piano teologico. A riavvicinare Kirill e Francesco sono state piuttosto le persecuzioni patite dai cristiani, cattolici e ortodossi, in Medio Oriente e in Africa: «Dove il genocidio perpetrato dagli estremisti - spiega Hilarion, il metropolita oggi a capo della politica estera nella Chiesa ortodossa russa - esige un’azione immediata e una maggiore cooperazione tra le Chiese cristiane. In questa tragica situazione, dobbiamo mettere da parte le divergenze interne e unire gli sforzi per salvare la cristianità». Ancora una volta, Kirill in linea con Putin, che in Siria cerca di rompere l’isolamento della Russia sul piano internazionale. Non per niente in molti sono convinti: il primo a benedire l’incontro di oggi all’Avana è stato il Cremlino.

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