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Siria, il doppio binario della Russia: accusa gli Usa e promette tregua

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l’esercito di assad avanza ad aleppo

Siria, il doppio binario della Russia: accusa gli Usa e promette tregua

«La vittoria russa ad Aleppo non è la fine della guerra ma l’inizio di una nuova guerra. Adesso tutti possono intervenire» dice Moncef Marzouki, presidente della Tunisia dal 2011 al 2014. Dopo mesi a ripetere che non c’era soluzione militare in Siria ma solo politica, gli Stati Uniti devono riconoscere che la soluzione militare c’è ed è quella di Vladimir Putin, ammette un alto funzionario citato oggi dal New York Times. In Siria la situazione che si configura adesso è un regime di nuovo forte ad Aleppo, seconda città del Paese, centro dei ribelli ora in ginocchio sotto le bombe russe quindi alla mercé dell’esercito di Assad, alleato di Putin; e una colonna umana in fuga verso la Turchia con Erdogan che minaccia di inviare i profughi in altri Paesi e nelle ultime ore sbraita anche contro l’alleato americano colpevole di sostenere i curdi siriani.

Può anche darsi che i negoziati Onu a Ginevra ora sospesi riprendano prima del 25 febbraio, nell’immediato però bisognerà vedere se vi sarà il cessate il fuoco e la creazione di un «corridoio umanitario» per i profughi: gli Stati Uniti lo chiedono e protestano con Mosca, la Russia rispedisce al mittente le accuse americane di aver bombardato ieri due ospedali ad Aleppo dicendo che l’attacco è opera di jet americani. Aspre accuse fra Pentagono e Difesa russa, poi Mosca concede: un cessate il fuoco è possibile; il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov oggi a Monaco per incontrare il segretario di Stato americano John Kerry ha presentato una concreta proposta di tregua. Qualsiasi cosa a questo punto daranno i russi sarà da una posizione di forza di cui beneficerà naturalmente il protetto Assad: i ribelli sono ridimensionati, il presidente e il suo esercito hanno riguadagnato posizioni e territorio, è forse il momento migliore dal 2011, anno in cui è iniziata la rivolta in Siria sull’onda della primavera araba in altri Paesi di Nord Africa e Medio Oriente.

Il capo della diplomazia americana Kerry non nasconde il momento di difficoltà e quanto male sta facendo al potere negoziale americano la debole attività militare Usa davanti alle muscolari dimostrazioni russe. La paura dell’amministrazione americana e di Kerry in particolare è che gli sforzi per i colloqui di questi ultimi tre mesi cadano nel vuoto e che si debba arrivare a quell’intervento militare che il presidente Obama ha cercato di evitare per cinque anni. Avrebbe allora ragione l’ex presidente della Tunisia Marzouki che vede nella mano russa in Siria il segno di una nuova guerra regionale coi sauditi, alleati americani, che definiscono «irreversibile» l’annunciato invio di truppe di terra contro l’Isis. Guerra all’Isis che in teoria tutti dovevano combattere e ora non sembra neanche più all’ordine del giorno.

Se la proposta di tregua avanzata oggi dalla Russia si concretizzerà, il prossimo passo sarà cercare di riportare il regime e l'opposizione siriani al tavolo dei negoziati Onu in Svizzera.

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