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Cameron fissa il referendum su Brexit il 23 giugno: governo spaccato

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dopo l’accordo sulla riforma Ue

Cameron fissa il referendum su Brexit il 23 giugno: governo spaccato

LONDRA – David Cameron ha rotto gli indugi e a conclusione di un consiglio dei ministri a dir poco movimentato ha annunciato la data del referendum sull'adesione britannica all'Unione europea. Le urne si apriranno il 23 giugno e gli elettori avranno una scheda con un semplice quesito: vuoi che il Regno Unito continui a far parte di un'Unione europea riformata ? I sondaggi dicono che il Paese è spaccato come una mela se è vero che fra i “decisi” i 52% è favorevole a Brexit e il 48% contrario.

La fronda nel governo
Gli incerti sono milioni e ora assistono alla sfarinarsi del governo dinnanzi al deal negoziato da David Cameron. Il ministro della giustizia Michael Gove, quello del lavoro Ian Duncan Smith, quello dei rapporti con il parlamento Chris Grayling guidano il gruppo dei sostenitori di Brexit e sono pronti a smarcarsi dall'indicazione fornita da David Cameron e riaffermata in un appello alla nazione pronunciato a Downing street. “Saremo più sicuri, più forti, e più ricchi in un'Europa riformata”, ha detto il premier lasciando però libertà ai suoi ministri di fare campagna secondo i propri convincimenti. Una mezza dozzina circa, fra titolari di dicasteri e sottosegretari hanno già fatto sapere di non considerare l'accordo adeguato e di volersi battere per Brexit.

Chi sono gli oppositori
Spiccano i nomi di Michael Gove, politico fra i più brillanti e amico personale del premier, oggi responsabile della Giuistizia, Ian Duncan Smith al Lavoro, Chris Grayling ai rapporti col parlamento solo per citare i nomi più noti. Sono pochi rispetto alle attese, anche se altri potrebbero aggiungersi nelle prossime ore. Con il premier restano i responsabili di Tesoro, Interni, Esteri, Difesa, Industria a conferma che l'intesa incassata da Londra nel vertice di Bruxelles soddisfa molti anche in odore di euroscetticismo come la responsabile dell'Home Office, Theresa May. Pesa il silenzio di Boris Johnson, sindaco uscente di Londra, aspirante premier e figura altamente popolare in grado di orientare i tanti indecisi. Un suo “no” al deal e all'Europa potrebbe essere politicamente mortale per il premier e spingere Londra verso il Brexit.

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