Così vicini a un cessate il fuoco non si era mai arrivati: a partire dalla mezzanotte di sabato prossimo, 27 febbraio (ora di Damasco), le armi in Siria potrebbero tacere. È l’obiettivo dell’accordo di tregua temporanea annunciato insieme da Russia e Stati Uniti, in un documento che invita tutte le parti coinvolte nel conflitto siriano ad aderire alla cessazione delle ostilità entro mezzogiorno di venerdì 26. Tutte, tranne lo Stato islamico e le milizie di al-Nusra, espressione di al-Qaeda in Siria. Entrambi nella lista Onu dei gruppi terroristici, resteranno obiettivo della coalizione internazionale impegnata contro il terrorismo.
I termini dell’intesa sono stati messi a punto in una telefonata tra Vladimir Putin e Barack Obama, a cui il presidente russo ha subito fatto seguire lunedì sera una propria dichiarazione in cui - sottolineando lo sforzo comune di russi e americani - si dice convinto come Obama che l’intesa possa radicalmente cambiare il corso della crisi, tanto da diventare esempio di azione responsabile della comunità internazionale al terrorismo. La grande speranza è che da questo primo passo e da ulteriori negoziati guidati dall’Onu ci si possa avvicinare a un vero cessate il fuoco tra Damasco e le forze in guerra contro il regime di Bashar al-Assad.Una delle voci dell’opposizione siriana, l’Alto comitato per i negoziati riunito in Arabia Saudita per discutere il piano russo-americano, ha confermato attraverso il coordinatore Riad Hijab l’accordo di tregua temporanea basato su garanzie internazionali. Russia e Stati Uniti presiedono insieme il Gruppo di Paesi a sostegno della Siria, la task force che sta cercando una via d’uscita diplomatica al conflitto.
«I militari russi e americani - spiega Putin - definiranno insieme i territori nei quali agiscono i vari gruppi combattenti e contro i quali le forze armate della Repubblica araba siriana, le forze armate russe e la coalizione guidata dagli Stati Uniti non interverranno. A loro volta, gli oppositori fermeranno le operazioni contro le forze armate della Repubblica araba siriana». Cioè contro Assad. Per quanto riguarda «l’Isis, al-Nusra e altre organizzazioni terroristiche, riconosciute tali dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite - prosegue Putin - verranno completamente esclusi dalla tregua. I raid contro di loro proseguiranno».
Il presidente russo ha poi illustrato il meccanismo messo a punto da Russia e Stati Uniti per realizzare e poi verificare il cessate il fuoco «da parte del governo siriano come dai gruppi dell’opposizione». A questo fine «verrano realizzati una “linea rossa” e se necessario un gruppo di lavoro per lo scambio di informazioni. La Russia condurrà il lavoro necessario con Damasco, con il legittimo governo della Siria. E crediamo che gli Stati Uniti faranno lo stesso con i loro alleati e i gruppi che li appoggiano». Abbiamo la possibilità «di mettere finalmente fine a spargimento di sangue e violenze durate anni - ha detto Putin -. E di conseguenza, di garantire che l’aiuto umanitario arrivi a tutti i cittadini siriani che ne hanno bisogno». Far rispettare la tregua non sarà facile, non nasconde la Casa Bianca che ha riferito la telefonata di Putin a Obama attraverso il portavoce Josh Earnest, sottolineando come Obama abbia insistito con il presidente russo sulla necessità che tutte le parti in causa rispettino l’accordo per «alleviare le sofferenze del popolo siriano» e per potersi concentrare sulla lotta contro le milizie jihadiste dell’Isis.
A conferma dei punti interrogativi che gravano sul futuro della Siria, primo tra tutti il ruolo di Bashar Assad, il presidente siriano ha convocato per il 13 aprile elezioni parlamentari, piuttosto surreali per un Paese stravolto dalla guerra. Una guerra iniziata cinque anni fa, nel marzo 2011, dalla repressione di proteste contro Assad che avrebbero voluto importare una primavera araba anche in Siria. Da allora 250mila persone sono morte; 13,5 milioni di persone all’interno della Siria hanno bisogno di assistenza umanitaria; 4,5 milioni sono i rifugiati al di fuori del Paese.
Il numero delle vittime continua ad aumentare, e domenica scorsa la Siria ha vissuto una delle giornate più drammatiche della guerra. In un affollato distretto alla periferia di Damasco, riferisce l’Osservatorio siriano per i diritti umani basato a Londra, una serie di esplosioni attivate da kamikaze ha ucciso almeno 87 persone, e 59 sono le vittime di due autobomba a Homs, 130 km a nord, come la capitale fedele al regime di Assad.
Attacchi rivendicati dallo Stato islamico, anche se il ministero degli Esteri siriano ha puntato il dito contro sauditi e turchi: «Queste esplosioni - afferma Damasco - sono una risposta di Turchia e Arabia Saudita alla denuncia del loro ruolo nell’alimentare e prolungare la crisi in Siria». Mentre la Russia è entrata in guerra a settembre a fianco di Assad, Ankara e Riad sono i principali sostenitori dei ribelli e dell’opposizione. Sabato scorso Assad ha detto di essere pronto a un cessate il fuoco a condizione che quelli che ha ancora definito «terroristi» non utilizzino la tregua a proprio vantaggio e che i Paesi che li appoggiano smettano di farlo.
Da parte sua, in precedenza l’opposizione siriana aveva accettato la possibilità di una cessazione temporanea delle ostilità, di fronte alla garanzia che sia la Russia a interrompere le operazioni militari.
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