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L'ascesa di Donald, «eroe cattivo» dell'anti-politica

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L'ascesa di Donald, «eroe cattivo» dell'anti-politica

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New York - Asa Hutchinson, governatore repubblicano dell'Arkansas, uno degli stati andati al voto nel Super Martedi' delle primarie, non ne fa mistero: “Donald Trump e' un “bestione” difficile da fermare”. L'espressione, presa a prestito da un super-cattivo dei fumetti, Jaggernaut, fotografa forse meglio di ogni altra il misto di stupore, frustrazione e terrore che il costruttore e personalità televisiva fa serpeggiare nei ranghi conservatori: i repubblicani che oggi si mobilitano per Trump, il partito nel partito che minaccia di costruire, sono irriconoscibili anche a veterani di mille battaglie del calibro di Hutchinson, ex deputato, capo della Drug Enforcement Agency e alto funzionario della Homeland Security.

Trump, a 69 anni, ha scardinato le primarie facendo leva su una rara coincidenza di fattori. Una crisi epocale del Grand Old Party, ridotto a organizzazione sui generis con anime in perenne conflitto e priva di istituzioni interne in grado di ricomporle. L'inquietudine (e rabbia) di ampie fasce dell'elettorato emarginate dalla ripresa economica. E un parco di candidati ufficiali debole e diviso. In questo vuoto Trump ha dato vita a una campagna che ne ha ingigantito a dismisura la statura, in politica come nel business. Se a New York, patria delle sue attivita', il nome è tuttora ubiquo su grattacieli e progetti, e' dagli Settanta e Ottanta - quando ereditò dal padre programmi immobiliari sponsorizzati da politici (democratici) - che e' soprattutto un “marchio”. Non e' tra i dieci “developer” piu' potenti della citta', stando alle classifiche specializzate. Se e' ricco - gira il Paese sul suo omonimo 757 - non e' un magnate: Forbes ne ha stimato il patrimonio in 4,5 miliardi, assai meno dei dieci di cui si vanta. Ne' e' nome di prestigio nella finanza cittadina: le banche lo ostracizzano, scottate da perdite multimilionarie per la sua consuetudine all'amministrazione controllata. Oppure influente tra lobbisti locali e nazionali.

Ma irrequietezza e ambizione, il talento nel cogliere le opportunità, l'hanno sempre caratterizzato. Quarto di cinque figli, fu spedito in un collegio militare, la New York Military Academy nei pressi di West Point, per metterlo in riga. Da li' passo' alla Wharton School per una laurea in economia. E la sua educazione al real estate avvenne negli anni dei Falò delle Vanita' e degli eccessi di cui divenne un simbolo. Quando la fama di costruttore si appannò, reduce da semi-fallimentari investimenti in casino' finiti quattro volte in tribunale tra il 1991 e il 2009, trovò però fortuna reinventandosi quale stella della nuova stagione dei reality show televisivi, con The Apprentice. Mentre sui tabloid scorreva la saga di una vita “privata” flamboyant quanto i suoi palazzi: tre matrimoni e cinque figli.
Nell'era di Barack Obama si fece portabandiera delle (infondate) accuse al presidente di non essere nato in America e ventilò, tra il serio e il faceto, anche ingressi in politica. Ma il lancio della campagna elettorale, questa volta, non e' stato affatto velleitario. La sua corsa verte non su programmi o filosofie tradizionali dei conservatori - tasse e governo snello, dottrina militare “neocon” - bensi' su potenti immagini che difettano di realismo - oltre che spesso di comune moralità - ma diventano magnete per la disaffezione dell'opinione pubblica, da evangelici religiosi delusi a poveri e meno poveri bianchi da tempo distanti dai partiti, fino a frange di minoranze etniche integrate. Ecco il muro contro il Messico pagato dai messicani, l'espulsione di 11 milioni di immigrati illegali, l'impegno “a fare nuovamente grande l'America”. Ed ecco finora l'impermeabilità alle controversie più eclatanti: da insulti ai rivali a citazioni di Mussolini (meglio un giorno da leoni…). Fino all'iniziale rifiuto di ripudiare l'ex leader del Ku Klux Klan David Duke e i suprematisti bianchi.
Per affinare le armi della candidatura conta su una squadra eclettica come lui: uomini di fiducia diretti dal 41enne Corey Lewandowsky, veterano di elezioni repubblicane dalla parte degli sfidanti anti-establishment. Lo ingaggio' nel 2014 per 240.000 dollari ordinandogli, con tipica sfrontatezza, di essere il migliore. Forse uno dei suoi migliori investimenti: l'esito e' stato uno schiacciasassi elettorale che fa notizia senza bisogno di comprare pubblicità e ora attira anche i primi uomini di partito, dal governatore del New Jersey Chris Christie al suo collega del Maine Paul LaPage. E fa rabbrividire i più raffinati commentatori conservatori: David Brooks ha paragonato il fascino di Trump a quello d'un supereroe da fumetti dell'anti-politica. In altre parole, un bestione.

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