Quella che si sta configurando fra Apple e Fbi è una battaglia densa di sorprese. Una battaglia che non rispetta gli schemi, lasciando spazio a situazioni imprevedibili. L'ultima presa di posizione è da inserire proprio in questo insieme snaturato, dove un'azienda privata assurge a paladina dei diritti e un ente governativo diventa un nemico pericoloso. Si tratta dell'Onu che poche ore fa ha diramato una nota nella quale l'alto commissario Zeid Ràad Al Hussein si schiera con Apple e contro l'Fbi nella vicenda San Bernardino, che da giorni ha spaccato l'opinione pubblica americana.
Secondo l'Organizzazione delle Nazioni Unite, lo sblocco dell'iPhone 5c di di Syed Rizwan Farook (killer della strage di San Bernardino) attraverso una backdoor che consenta di entrare nel sistema operativo del device bloccato, può « scoperchiare un vaso di Pandora che potrebbe avere implicazioni estremamente dannose per i diritti umani di milioni di persone, inclusa la loro sicurezza fisica e finanziaria». E inoltre spianerebbe la strada «a governi autoritari e hacker criminali». La posizione di Zeid, insomma, lascia poco spazio agli equivoci, sostenendo che «crittografia e anonimato sono necessari, favoriscono la libertà di espressione e di opinione, e il diritto alla privacy». E a chi gli chiede se dunque l'Onu è contro l'Fbi, l'alto commissario risponde senza esitazioni: «I federali meritano pieno sostegno nell'indagine sulle uccisioni di San Bernardino, un crimine abominevole e nessun complice dovrebbe sfuggire alla legge. Ma in questo caso, - ha detto - non si tratta solo di una società e dei suoi sostenitori che tenterebbero di proteggere criminali e terroristi, ma di sapere dove tracciare la linea rossa di cui abbiamo tutti bisogno per proteggerci da criminali e repressione».
Secondo la posizione ufficiale dell'Onu, insomma, l'Fbi va sostenuta, ma la strada della backdoor degli iPhone non è perseguibile: «Ci sono molti altri modi per indagare se questi assassini avevano complici senza costringere Apple a creare un software per indebolire le caratteristiche di sicurezza dei propri telefoni» ha detto ancora Zeid, convinto che nel caso Apple dovesse perdere questa battaglia si creerebbe «un precedente che potrebbe rendere impossibile alla stessa Apple o qualsiasi altra grande compagnia internazionale di telecomunicazione di salvaguardare la privacy dei propri clienti in qualsiasi parte del mondo». E questo è – senza mezzi termini - «un potenziale regalo a regimi autoritari e agli hacker criminali». Zeid, in chiusura, ha ricordato come gli strumenti di crittografia siano «ampiamente utilizzati in tutto il mondo, anche da difensori dei diritti umani, società civile, giornalisti, informatori e dissidenti politici che affrontano la persecuzione e molestie».
32 grandi aziende con Apple
Intanto qualche ora fa, trentadue grandi aziende si sono schierate ufficialmente con Apple presentando alla Corte chiamata a decidere sul caso due mozioni distinte a favore della casa di Cupertino. Fra i firmatari del primo documento depositato ci sono Amazon, Cisco, Dropbox, Facebook, Google, Microsoft, Mozilla, Nest, Pinterest, Snapchat, WhatsApp e Yahoo. «L'obiettivo – ha spiegato in una nota Mozilla - è quello di aiutare la Corte a capire perché è pericoloso costringere le aziende di tecnologia a compromettere volontariamente le proprie caratteristiche di sicurezza». Un altro documento, firmato da altre aziende (fra le quali AirBnB, eBay, Kickstarter, Linkedin, Reddit, Square e, Twitter) chiama tutti a fare attenzione: «Se il governo prevarrà in questo caso giudiziario, se ne servirà presto in futuro. La mozione del governo rassicura la Corte e il pubblico del fatto che la richiesta presentata si riferisca ad un unico, speciale caso. Ma ci sono forti indizi a supportare l'ipotesi che le forze dell'ordine si avvarranno dell'autorità concessa loro dall'All Writs Act per vicende completamente differenti da quelle delle investigazioni legate al terrorismo». Silicon Valley da una parte, Governo dall'altra. La battaglia è appena iniziata.
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