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L’Isis ora minaccia la Tunisia: 50 morti negli scontri al confine

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L’ATTACCO A BEN GUERDANE

L’Isis ora minaccia la Tunisia: 50 morti negli scontri al confine

Epa
Epa

L'ultimo violento scontro tra jihadisti dell'Isis e le forze armate della Tunisia, avvenuto questa mattina, è l'ennesima conferma di un segnale che non può più essere ignorato. I miliziani dello Stato islamico puntano ad espandersi in Tunisia. E lì esportare la loro strategia del terrore. L'attacco di questa mattina è avvenuto nei pressi della cittadini frontaliera di Ben Guerdane , quando un convoglio di jihadisti proveniente dalla Libia ha attraversato il confine scontrandosi con le forze dell'ordine tunisine. Il bilancio, ancora provvisorio , è grave: 50 morti, tra cui una vendita di jihadisti, sei militari tunisini e almeno sei civili.

Altri sei jihadisti feriti sarebbero stati catturati. Ed ora è caccia a quel manipolo di estremisti che sono fuggiti, sembra a bordo di un'ambulanza, verso l'isola di Djerba, importante località turistica.
È il secondo scontro di questo tipo che avviene in soli cinque giorni. Giovedì scorso, infatti, un altro commando di jihadisti aveva attraversato la frontiera imbattendosi poi nelle forze di sicurezza locali.
Per motivi precauzionali, le autorità hanno imposto la sospensione temporanea dei valichi di confine con la Libia di Ras Jedir e di Dehiba-Wazen, e il divieto di accesso all'isola di Djerba. A Ben Guerdane, dove la popolazione è stata avvertita di rimanere chiusa in casa, scatterà invece il coprifuoco dalle sette di sera alle cinque del mattino. In un clima sempre più teso, il premier tunisino Habib Essid ha incontrato il presidente della Repubblica Beji Caid Essebsi per fare il punto della situazione e valutare le misure da adottare affinché sia messo in sicurezza il confine. Il capo dello Stato ha condannato l'attacco «senza precedenti» e «coordinato», che a suo giudizio potrebbe avere come obiettivo quello di «controllare questa regione» e «proclamare una nuova provincia» in mano ai gruppi estremisti.

Le lunghe e porose frontiere della Libia stanno rappresentando una grave minaccia per la stabilità di tutta la regione. Non solo per i jihadisti che portano il terrore negli Stati vicini ma anche per quel flusso di estremisti (soprattutto dal Shael) che da alcuni mesi sono entrati dalle frontiere meridionali della Libia per unirsi nelle file dell'Isis.
L'allarme, tuttavia, è particolarmente alto in Tunisia, il solo Paese dove la primavera araba era riuscita a portare ad un credibile processo di transizione democratica che, pur con doversi limiti, è stato portato come modello per gli altri paesi arabi.
Ma il Paese ha molte contraddizioni. È anche una fucina di aspiranti jihadisti. Si parlava di almeno 3mila tunisini partiti per Siria e Iraq, ma secondo le ultime stime, se si considera anche quelli presenti nelle file dello Stato islamico in Libia sarebbero circa 5mila. Nessuno Stato può vantare questo triste primato.

Un pericoloso flusso che non è sfuggito alle intelligence dei Paesi occidentali, Stati Uniti in testa. Tanto che il Pentagono aveva dato il via, il 19 febbraio, a una grande operazione aerea nei dintorni di Sabrata contro presunti campi di addestramento e un edificio che ospitava diversi jihadisti, sospettati di voler preparare un attentato in Europa. Le vittime – quelle dichiarate – sono state almeno 30, ma diverse fonti parlarono di 50 morti, tra cui anche dei civili.
L'obiettivo del raid era l'eliminazione di uno dei più pericolosi comandanti dell'Isis; Noureddine Chouchane, la cui morte è stata data per “probabile” dallo Stesso Pentagono. Come diversi altri comandanti dello Stato islamico, Ceuchane si era trasferito dalla Siria alla Libia. Sarebbe lui, sostengono gli inquirenti, la presunta mente delle due stragi contro i turisti occidentali che hanno sconvolto la Tunisia in quattro mesi. Quella avvenuta al museo del Bardo, lo scorso marzo, in cui morirono 24 persone tra cui quattro italiani; e quella avvenuta sulla spiaggia di Sousse, a fine giugno, dove uno jihadista ha aperto il fuoco contro i turisti sulla spiaggia uccidendone 38. Poche settimane dopo servizi di intelligence avevano suggerito che i jihadisti tunisini responsabili delle due stragi erano stati addestrati proprio in un campo nella Libia occidentale. E tunisini erano anche la maggior parte dei jihadisti stranieri uccisi durante il raid americano a Sabrata. Sempre tunisini sarebbero 4 jihadisti uccisi nell'operazione militare contro un convoglio che traportava i due ostaggi italiani uccisi rimasti uccisi la scorsa settimana.

Davanti a una minaccia così insidiosa, il Governo tunisino ha predisposto una serie di misure di urgenza per rendere le frontiere meno permeabili: dalla costruzione di un muro di sabbia (complessivamente per circa 160 chilometri), preceduto da un fossato, a un sofisticato sistema di videosorveglianza a cui collaboreranno tecnici americani, fino al ricorso a droni per vigilare dall'alto.
Probabilmente bisognerà fare di più.

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