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La cellula di Verviers pensava agli attentati da più di un anno

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i piani degli jihadisti belgi

La cellula di Verviers pensava agli attentati da più di un anno

Lapresse
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Progettavano di colpire un aeroporto, forse proprio quello di Zaventem . Ma non da alcune settimane. E neppure da qualche mese. L'idea della cellula jihadista del Belgio, e i piani realizzarla, risalirebbero a più di un anno fa.

Se la pista su cui lavorano gli inquirenti belgi – una delle tante aperte - fosse accertata verrebbero messe in discussione le ipotesi circolate in questi giorni sulle ragioni che hanno portato alla strage di martedì a Bruxelles. Come quella secondo cui gli attentati all'aeroporto e alla stazione metrò di Bruxelles siano stati una rappresaglia dell'Isis all'arresto, venerdì scorso, del terrorista Salah Abdeslam, che faceva parte del commando della strage di Parigi, ai blitz anti terrorismo, e ai molti arresti che ne sono seguiti, scattati da tre mesi. O che l'Isis abbia attaccato alcuni Paesi europei come rappresaglia per il loro intervento militare diretto in Siria e Iraq contro le sue postazioni in Siria.

Ma torniamo indietro di 14 mesi. È la sera del 15 gennaio 2015. A Verviers, una cittadina belga di 54mila abitanti nella provincia di Liegi, le forze speciali sono impegnate in un lungo scontro a fuoco con una cellula di terroristi. Proprio quella sera era scattata una maxi operazione anti-terrorismo in 12 città del Belgio, inclusi alcuni quartieri di Bruxelles. L'operazione più importante avviene proprio a Verviers. Due terroristi vengono uccisi, uno ferito, altri ancora riescono a fuggire. Erano tornati dalla Siria da una settimana e stavano preparando un grande attentato in Belgio, riferiscono poco dopo le autorità. Uno dei fuggitivi, il capo della cellula, è Abdelhamid Abaaoud, la presunta mente degli attacchi di Parigi del 13 novembre ucciso dalle forze antiterrorismo francesi quattro gironi dopo a Saint Denis.

Spostiamoci ad Atene. Due giorni dopo, il 17 gennaio, le forze di scurezza greche arrestano in un appartamento Omar Damache, un cittadino algerino di 33 anni, coinvolto nella cellula di Verviers. Più tardi la Direzione generale della scurezza interna francese (Dgsi), lo definisce «un uomo coinvolto nella logistica del commando di Verviers e un collaboratore di Abaaoud per la supervisione e gli attacchi da perpetrare».

Insieme all'algerino, viene arrestato anche un certo Walid Hamam, cittadino francese rilasciato a causa di un errore di identificazione – scrive il quotidiano francese Le Monde – e che da allora è introvabile. Nell'abitazione di Damache trovano delle foto di Abaaoud. In una di queste il terrorista belga, cresciuto a Molenbeek e divenuto il responsabile dell'Isis per la progettazione degli attentati in Europa, porta con sé un computer portatile di colore grigio. Il quale sarà ritrovato qualche giorni più tardi durante un'altra perquisizione in un altro appartamento di Atene. Nell'hard-disk gli investigatori si ritrovano davanti le copie di note manoscritte, schemi sull'utilizzo di esplosivi e piani di attacchi riconducibili a un aeroporto. Un'azione che nelle sue modalità corrisponderebbe «in tutto a all'attentato kamikaze di martedì avvenuto all'aeroporto di Zaventem», scrive le Monde.

Notizie da confermare. Pianificare un attacco è una cosa. Portarlo a termine un'altra. Nelle mire dei terroristi morti a Zaventem ci sarebbe stata anche la centrale nucleare di Liegi. Ma l'impressione, qui in Belgio, è che ci si trovi davanti a un pericolo più vasto di quel che si pensasse solo sei mesi fa. Che forse siamo davanti alla punta di un iceberg. E che la cellula di Verviers fosse più estesa di quanto si ipotizzasse. La morte di Abaaoud e l'arresto di 16 persone coinvolte e ora sotto processo in Belgio potrebbero averla solo decapitata. Non distrutta. Ipotesi confermata da un articolo del quotidiano fiammingo Het Nieuwsblad, secondo cui nove presunti membri – un olandese, cinque francesi, un marocchino e due belgi – sono ancora in fuga. Su di loro spicca un mandato di cattura internazionale.

Non ci sono ancora certezze, né prove, di un legame tra la cellula di Verviers e gli attentati all'aeroporto di Zaventem. Ma la pista è comunque presa in seria considerazione dagli inquirenti. Insieme alle altre.

Gli inquirenti belgi che indagano sulla strage di Zaventem si trovano davanti a un puzzle davvero complicato. Che si complica ed estende giorno dopo giorno. Non si sa nulla ancora dell'“uomo con il cappello”, il terrorista che vestiva una giacca bianca e trasportava la valigia con l'esplosivo più potente. Un volto mai comparso prima. Come quello del presunto secondo attentatore filmato dalle telecamere di sorveglianza nella metrò di Bruxelles (20 le vittime). Identificato il primo kamikaze , Khalid El Bakraoui, anche di quest'uomo ancora non si sa nulla.

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