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Ankara irritata con i diplomatici Ue presenti al processo ai giornalisti

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protesta formale

Ankara irritata con i diplomatici Ue presenti al processo ai giornalisti

Il selfie del console britannico Leigh Turner (a destra) con Can Dundar pubblicato su twitter
Il selfie del console britannico Leigh Turner (a destra) con Can Dundar pubblicato su twitter

Dopo il durissimo discorso in tv del presidente turco Recep Tayyip Erdogan diretto contro i diplomatici stranieri in Turchia che hanno «osato» presenziare venerdì scorso a un’udienza di un processo intentato contro due giornalisti a rischio ergastolo per una controversa incriminazione per spionaggio, è arrivata puntuale la protesta formale delle autorità turche ai rispettivi Paesi accusati sostanzialmente di «ingerenza» negli affari interni. Leigh Turner , il console generale britannico, ha fatto un selfie con il giornalista Can Dundar e lo ha poi postato su Twitter.

«Questa non è la vostra nazione, questa è la Turchia», aveva detto Erdogan in un discorso trasmesso in televisione, nel quale aveva aggiunto che i diplomatici possono operare all'interno dei confini delle missioni. «Altrove è oggetto di autorizzazioni», aveva ricordato. «Chi siete? Che cosa ci fate lì?», ha poi aggiunto Erdogan in un infuocato intervento televisivo da Istanbul, in cui ha accusato i diplomatici stranieri di aver effettuato una «dimostrazione di forza», cioè di aver sfidato il suo potere e la sua versione dei fatti in un clima che paventa oscure macchinazioni internazionali e poco rispettoso dei diritti delle minoranze. Un clima di sospetti, nato nel 2013 dopo le proteste contro la rimozione del parco Gezi, uno dei pochi rimasti a Istanbul, che si è deteriorato fino ad alimentare un sentimento sempre più autoritario dell’esecutivo nei confronti di chiunque si opponga alla sua versione dei fatti.

Dopo 3 mesi di detenzione in attesa di giudizio i due giornalisti appartenti all’area laica e kemalista erano stati rilasciati su sentenza della Corte Costituzionale: la Procura ha chiesto però per gli imputati la pena dell’ergastolo più altri 30 anni di carcere. Can Dundar, direttore del quotidiano di punta dell'opposizione Cumhuriyet, ed Erdem Gul, capo della redazione di Ankara, sono sotto processo per spionaggio e divulgazione di segreto di stato, dopo aver pubblicato un articolo che accusava il governo Erdogan di aver illegamente consegnato attraverso il Mit, il servizio segreto turco, armi in Siria. Un caso che ha sollevato timori per la libertà di stampa in un Paese che aspira all'ingresso nell’Unione europea dopo il recente accordo sui rifugiati.

Dopo il discorso del presidente, il governo turco ha protestato presso le rappresentanze diplomatiche ad Ankara per l’arrivo in tribunale, venerdì, dei consoli di alcuni Paesi membri dell'Ue, tra i quali il console generale italiano a Istanbul, Federica Ferrari Bravo, l’ambasciatore tedesco, il console britannico. Irritazione ad Ankara anche per i relativi commenti e immagini diffusi on-line nelle reti social dai diplomatici, perché «potrebbero costituire un'interferenza con l'indipendenza del procedimento legale e non rispettano i criteri di imparzialità», hanno spiegato fonti governative. La Farnesina ha però replicato sostenendo che Federica Ferrari Bravo si è comportata «in piena osservanza della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari». Non solo. «La libertà di espressione è di fondamentale importanza per il dibattito politico nel Paese, verso il quale l'interesse dei diplomatici europei è pienamente giustificato alla luce della posizione di Ankara quale Paese candidato all'Unione Europea», è la conclusione della nota della diplomazia italiana.

Can Dundar e Erdem Gul rischiano, come dicevamo, l'ergastolo: subito dopo l'inizio della prima udienza il tribunale ha stabilito di condurre il processo a porte chiuse «per motivi di sicurezza nazionale»; il governo si è costituito parte civile contro gli imputati. Dundar e Gul erano stati arrestati nello scorso novembre dopo aver pubblicato nel maggio del 2015, un clamoroso reportage sul ruolo della Turchia nel conflitto siriano e i possibili legami con i movimenti jihadisti nel Paese vicino, rivelazioni che avevano suscitato l'ira del governo perché toccavano il nervo sensibile su una zona grigia delle politica estera neo ottomana; lo stesso presidente Erdogan aveva minacciato di far pagare a Dundar, direttore della testata, «un caro prezzo».

La vicenda ha suscitato lo sdegno dell'opposizione e delle Ong per la difesa dei diritti umani sia in Turchia che all'estero, dove il processo è stato considerato la prova della volontà di Erdogan di mettere il bavaglio a qualsiasi forma di opposizione interna. Dall'elezione di Erdogan a presidente della Repubblica, nell'agosto del 2014, oltre 2mila persone sono state incriminate per «insulto» al capo dello Stato, secondo i dati forniti dallo stesso ministero della Giustizia turco.

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