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Conti segreti a Panama: si dimette il premier islandese

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INCHIESTA DI LE MONDE

Conti segreti a Panama: si dimette il premier islandese

Nuove rivelazioni dai Panama papers, gli oltre 11 milioni di documenti custoditi dallo studio legale panamense Mossack Fonseca. E cadono le prime teste, con le dimissioni del primo ministro islandese, accusato di avere una società offshore insieme alla moglie.

Si dimette il premier islandese
I Panama papers sono diventati un vero e proprio caso politico in Islanda, dove è emerso che il primo ministro Sigmundur David Gunnlaugsson avrebbe tratto beneficio da una società offshore a Panama. Circa 10mila persone sono scese in strada a Reykjavik per chiedere le dimissioni del premier e la polizia ha dovuto erigere barricate davanti al Parlamento. Di fronte alla pressione dell’opinione pubblica, Gunnlaugsson ha annunciato le sue dimissioni. È la prima vittima dello scandalo scoppiato domenica sera che coinvolge 12 tra ex ed attuali capi di Stato.

Due fedelissimi di Marine Le Pen sotto accusa
Tra coloro che si sono avvalsi dei servizi dello studio per creare una struttura offshore e nascondere ricchezze finanziarie ci sono infatti anche due fedelissimi del leader del Front National Marine Le Pen: sono l'imprenditore Frédéric Chatillon e l’esperto contabile Nicolas Crochet, entrambi già sotto inchiesta per presunte irregolarità nel finanziamento delle campagne elettorali del partito francese di estrema destra nel 2012. Lo scrive il quotidiano Le Monde, che partecipa con i suoi giornalisti all'inchiesta globale sui Panama Papers, che ha svelato le ricchezze offshore delle élite globali.

Le Monde parla di un «sistema offshore sofisticato tra Hongkong, Singapore, isole Vergini britanniche e Panama» mirato a «far uscire denaro dalla Francia attraverso società schermo e fatture false con la volontà di sfuggire al servio antiriciclaggio francese». Al centro della rete Frédéric Chatillon, ex leader di un gruppo studentesco di estrema destra e amico di Marine Le Pen dai tempi dell'università, all'inizio degli Anni Novanta. La sua società, Riwal, si occupa della comunicazione elettorale del Front National, in esclusiva per la campagna presidenziale e parlamentare del 2012. Crochet ha stilato il programma economico di Le Pen per le presidenziali 2012.
Chatillon, insieme a Crochet, nel 2012 avrebbe realizzato un giro di fatture false e società offshore per far uscire dalla Francia 316mila euro di proprietà di Riwal e reinvestirli nella società di un amico con sede a Singapore, scrive Le Monde.

Non solo Marine, anche Jean-Marie Le Pen è direttamente coinvolto nello scandalo finanziario di Panama Papers. Sempre secondo Le Monde, una parte della ricchezza nota come “il tesoro” del fondatore del Front National è stata dissimulata attraverso la società offshore Balerton Marketing Limited, creata nei Caraibi nel 2000. Banconote, lingotti, monete d'oro, ci sarebbe di tutto nel “tesoro”, intestato al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo di Jean-Marie e della moglie Jany Le Pen. In un comunicato il Front National ha smentito di essere implicato nella vicenda e avvertito che «non tollererà che vengano fatte scandalose connessioni».

Spunta anche il nome del presidente Fifa Infantino
Spunta anche il nome di Gianni Infantino, neo presidente della Fifa, fra i documenti dei Panama Papers. Lo riporta il Guardian secondo il quale da alcune carte risulta che Infantino, quando era capo dei servizi legali della Uefa, avrebbe avuto un ruolo in accordi relativi ai diritti tv affidati a società offshore, nell'ambito di quella che i media bollarono come la “Coppa del Mondo della corruzione”. Infantino ha sempre negato di essere coinvolto in quella vicenda. «'Sono costernato e non accetto che la mia integrità venga messa in dubbio da nessun tipo di media, tanto più che la Uefa ha già rivelato in dettaglio tutti fatti per quanto riguarda questi contratti», ha dichiarato Infantino in un comunicato.

La vicenda dei cosiddetti Panama Papers è scoppiata dopo la pubblicazione dei documenti grazie al lavoro dell'International consortium of investigative journalists, una rete di oltre 170 giornalisti sparsi in tutto il mondo e collegata al Center for public integrity, organizzazione non profit con sede a Washington.

Le società offshore delle banche
I maggiori beneficiari dello studio legale panamense sarebbero le banche, che lo hanno utilizzato per costituire società offshore, secondo la ricostruzione di Le Monde. Al primo posto figura Hsbc, che ha creato 2.300 società offshore nel piccolo Paese centro-americano, seguono le svizzere Credit Suisse (1.105) e Ubs (1.100) e la francese francese Societé Generale, che ne ha 979, in gran parte create dalla sua filiale lussemburghese SG Bank and Trust Luxembourg. SocGen in una nota ha confermato che Mossack Fonseca ha assistito «alcune decine» di suoi clienti a costituire società offshore, società gestite «in piena trasparenza». Tra i gruppi che hanno fatto ricorso allo studio di Panama City ci sarebbero anche 28 istituti tedeschi oltre alle italiane Ubi e Unicredit.

Pechino censura lo scandalo
La Cina intanto ha bloccato l'accesso al sito dell'International Consortium of Investigative Journalists che ha pubblicato i cosiddetti Panama Papers. Ed ha emesso un ordine di censura per rimuovere dalla stampa locale ogni riferimento allo scandalo sui paradisi fiscali di potenti e vip di tutto il mondo. Non solo, secondo quanto riporta il China Digital Times, che ha sede ad Hong Kong, sono state bloccate tutte le ricerche on line che abbiano Panama o i nomi dei cittadini coinvolti nello scandalo come chiave. Tra questi vi è il cognato del presidente Xi Jinping e familiari di almeno otto ex o attuali membri del comitato centrale del partito comunista cinese che, secondo le rivelazioni, avrebbero creato società offshore attraverso lo studio legale panamense Mossack Fonseca.

Cameron nega di avere conti offshore
«Non ho azioni, né conti offshore, ne fondi offshore». Così David Cameron ha replicato oggi per la prima volta, durante un incontro pubblico a Birmingham, alle accuse contenute nei Panama Papers sul “tesoro” di famiglia che suo padre Ian avrebbe occultato in un paradiso fiscale e alle contestazioni dell'opposizione laburista. Il primo ministro britannico ha tuttavia glissato sulla domanda se abbia beneficiato delle fortune paterne d'oltremare.

Ombre anche sugli Stati Uniti
Lo scandalo getta ombre anche sugli Stati Uniti. Centinaia di persone e di aziende statunitensi potrebbero infatti essere coinvolte nel clamoroso affaire che ha portato a galla un network internazionale offshore destinato a vip e politici di tutto il mondo attraverso il quale riciclare denaro ed evitare di pagare le tasse.
Lo studio Mossack Fonseca lavorava con almeno 617 intermediari che operano all'interno degli Stati Uniti, tra cui banche, studi legali e altri partner. Per ora non sono stati resi noti i nomi dei gruppi americani e l'unica cittadina statunitense coinvolta è la scrittrice Marianna Olszewski. Nessuna banca americana compare al momento nella lista dei dieci istituti finanziari coinvolti nello scandalo.
Ma gli Stati Uniti sono il quarto paese in cui lavorano gli intermediari di network offshore, elemento che rende molto probabile, o quanto meno possibile, un loro coinvolgimento.


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