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Caso Regeni, il presidente Al Sisi difende l’apparato egiziano e…

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l’omicidio del ricercatore friulano

Caso Regeni, il presidente Al Sisi difende l’apparato egiziano e accusa i media: «Noi trasparenti, non sono stati i servizi»

Il presidente egiziano Abdel Fatah Al Sisi parla oggi dell’omicidio di Giulio Regeni, il giovane ricercatore italiano torturato e ritrovato cadavere al Cairo il 3 febbraio scorso. Lo fa in diretta televisiva e incasella la fine di Regeni fra le «questioni urgenti». «Attribuiamo grande interesse a questo caso in particolare, in quanto abbiamo relazioni molto privilegiate con gli italiani» dice Al Sisi.

Quella che però sembrava un’ammissione di colpa che traspariva dalle prime parole arrivate dal Cairo «Noi egiziani abbiamo creato un problema con l'assassinio» si rivela una convinta autodifesa dell’apparato egiziano a partire dai servizi di sicurezza che non sono «responsabile dell’omicidio» a detta di Al Sisi il quale rivendica invece «un’inchiesta condotta con la massima trasparenza». I colpevoli del brutale assassinio dell’italiano sarebbero «gente malvagia» non meglio specificata, secondo il presidente che poi accusa gli stessi egiziani, in particolare i media, colpevoli di aver creato una crisi. Media e social network avrebbero«fabbricato la crisi» legata all'omicidio «bisogna smetterla - ha intimato - con le bugie e con le illazioni che qualcuno di noi mette in giro».

Ieri invece sembrava che qualcosa stesse cambiando: il ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry aveva infatti evocato la possibilità di aggirare l'ostacolo costituzionale che impedisce la trasmissione all'Italia di tabulati e traffico telefonico del cellulare di Regeni, chiesti dalla procura di Roma che sta indagando. Mentre l'ambasciatore al Cairo Maurizio Massari veniva richiamato a Roma per consultazioni e la Farnesina faceva sapere che l’Italia valutava nuove misure contro l’Egitto.

Certa stampa egiziana intanto oggi preannunciava un cambio di passo. «Copts Today», sito d'informazione della minoranza cristiana, parla oggi di «consegna» agli inquirenti italiani dei tabulati telefonici e dei filmati delle telecamere richiesti con insistenza dall'Italia e mai dati dall'Egitto, che invoca «motivi costituzionali». Il sito senza citare una specifica fonte afferma che «è previsto che gli inquirenti egiziani in una riunione a Roma consegnino prove come registrazioni di telefonate, immagini filmate e risultati degli indagini di medicina legale che potrebbero aiutare la squadra Italia di effettuare indagini parallele». Intanto per il 14 aprile «è stata fissata una riunione alla quale prenderanno parte il procuratore Mustafa Suleiman, capo della delegazione a Roma la settimana scorsa», un altro responsabile oltre a ufficiali della polizia, tra cui un ufficiale del distretto di Giza dove è stato trovato il cadavere di Regeni.


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