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Anche Fmi promuove il fondo: «Va in direzione giusta»

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il nuovo veicolo

Anche Fmi promuove il fondo: «Va in direzione giusta»

WASHINGTON - Il Fondo monetario internazionale promuove l’iniziativa della creazione di Atlante, il veicolo privato finalizzato ad alleggerire il peso delle sofferenze degli istituti di credito e a facilitare gli aumenti di capitale.

Il giudizio positivo è arrivato ieri da Jose Vinals, responsabile del dipartimento monetario e dei mercati dei capitali nell’istituzione di Washington, come risposta a una domanda del Sole 24 Ore nel corso della conferenza stampa di presentazione del Global Financial Stability Report: «Accogliamo la recente iniziativa, annunciata ieri dalle autorità italiane riguardo a questo fondo Atlante, che ha un nome che rimanda a buone cose nel futuro, come un altro passo nella direzione di ripulire i crediti in sofferenza nel sistema bancario italiano» ha detto Vinals. «E la consideriamo anche - ha proseguito - come qualcosa che potrebbe aiutare le istituzioni finanziarie a raccogliere più facilmente il capitale del quale c’è bisogno per andare avanti per quelle banche che ne hanno bisogno». E c’è un altro aspetto di cui tener conto: «Nella misura in cui - ha osservato Vinals - si tratta di una soluzione da parte del settore privato, penso che vada bene che il settore privato sia coinvolto. Dovremo dare tempo al tempo e vedere come funzionerà, ma penso che provare a coinvolgere il settore privato nella soluzione di facilitare la raccolta di capitale e cercando di impegnare interessi privati nell’acquisto di alcuni dei crediti in sofferenza delle banche italiane, fa parte di una strategia generale che è importante».

Lo stesso giudizio positivo era stato espresso martedì sera, anche dal direttore esecutivo per l’Italia del Fmi, Carlo Cottarelli.Ieri, tuttavia, il responsabile del dipartimento monetario non ha nascosto che, nell’opinione del Fondo in Italia i crediti deteriorati restano elevati ed è necessario agire. Anche se ha sottolineato che il settore bancario creditizio italiano è molto diversificato con «tante banche di diverse dimensioni, dalle popolari alle grandi banche».

Il rapporto presentato ieri, come accade peraltro da qualche anno, resta molto preoccupato per la situazione delle banche europee nel loro complesso: la stima che gli esperti ripropongono anche quest’anno per il settore creditizio dell’intera euro-area è di 900 miliardi di euro di non performing loans. E viene messo in evidenza il fatto che nel continente i sistemi bancari con l’ammontare di crediti deteriorati più elevato sono quelli che hanno subito una flessione maggiore nelle quotazioni azionarie, in particolar modo in Grecia e in Italia, e in misura minore in Portogallo e in alcuni casi in Germania. Si tratta, secondo l’organismo di Washington, del riflesso di una serie di fattori: problemi strutturali di eccesso di capacità bancaria, alti livelli di crediti in sofferenza e modelli di business che si sono scarsamente adeguati. Il Fondo cita anche i costi legali tra i fattori di debolezza.

Nel documento presentato dall’organismo di Washington c’è inoltre una tabella dalla quale si desume che le sofferenze bancarie in Italia sono l’11,2% del totale degli impieghi e che questa media è più alta del 6,7% della Spagna, del 2,8% del Regno Unito e del 4,3% medio di un gruppo di Stati dell’euro-zona definiti “core”(Austria, Belgio, Francia, Germania e Olanda).

Nei calcoli effettuati dagli economisti del Fondo, inoltre, la quota delle sofferenze di Unicredit è il 10,8% contro il 10,7% di Intesa Sanpaolo; la media delle altre banche italiane è del 12,2%. Il Texas ratio (rapporto fra i crediti deteriorati e patrimonio equity, un indicatore usato in passato negli Stati Uniti per valutare la sostenibilità delle sofferenze) per l’Italia è stimato al 58,7%, con Unicredit al 58,3% e Intesa San Paolo al 52,2%. In questo caso è però è la Spagna, nonostante il forte sostegno pubblico ottenuto per le proprie aziende di credito negli anni passati, a detenere tuttora un primato negativo, con il 60,4% medio e il 91,3% per le banche di minori dimensioni.

Più in generale, il rapporto afferma che, anche se le turbolenze finanziarie di febbraio sono alle spalle e oggi la situazione dei mercati finanziari appare molto migliorata, c’è ancora parecchio da fare, da parte dei policy maker e dello stesso sistema finanziario per mettersi in sicurezza rispetto alle sfide globali. Sfide che si chiamano Brexit, si chiamano Cina (dove i prestiti delle imprese potenzialmente a rischio sono pari a 1,3 miliardi di dollari e se non governati potrebbero tradursi in perdite potenziali per le banche pari al 7 per cento del Pil). Per i politici, in particolare, il consiglio di Vinals è non continuare a fare affidamento solo sulla politica monetaria ultra-accomodante portata avanti dalle banche centrali. Con un policy mix appropriato per il sostegno alla crescita e una strategia accurata di stabilità finanziaria si potrebbe innalzare la crescita globale di 1,7 punti percentuali nei prossimi cinque anni. Invece, lasciando andare la situazione, lo scenario globale potrebbe peggiorare nel quinquennio del 3,9% Come dire: un anno di Pil mondiale perduto.

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