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Dossier «Perché Melania Trump è meglio di Bill Clinton»

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Dossier | N. (none) articoliSpeciale America al voto

«Perché Melania Trump è meglio di Bill Clinton»

MelaniaTrump e Donald Trump (Afp)
MelaniaTrump e Donald Trump (Afp)

Forse è stata la noia di leggere per due anni i suoi tweet senza ricavarne nulla, ma alla fine la tesi più suggestiva è di Andrej Mrevlje, giornalista d’origine slovena come lei: Melania Knauss Trump, 46 anni, terza moglie di Donald, possibile first lady d'America, è una «cellula dormiente». Potrebbe diventare, scrive il reporter su Yonder News, come Veronica Berlusconi che a un certo punto «si radicalizza, incontra un professor Cacciari, diventa un'intellettuale, chiede il divorzio, inizio della fine dell'era del marito». In effetti leggere @melaniatrump che posta foto di una boy Chanel nera, tazza bianca di cappuccino, didascalia #blackandwhite, non dà molti spunti ma certo non autorizza a far correre così l'immaginazione. Forse ha ragione Melania quando dice «è il XXI secolo, sarò me stessa, diversa da tutte le altre, aiuterò le donne e i bambini, loro sono il futuro» – quando suggerisce paragoni con Betty Ford e Jacqueline Kennedy nessuno la segue.

Il New Yorker in un lungo ritratto si limita a spiegare perché non c'entra niente con l'inglese Louisa Adams prima e unica first lady straniera, moglie del presidente John Quincy Adams o con Carla Bruni Sarkozy. Melania Trump, così bella e zitta, non assomiglia a nessuna. Leggendo di lei sulla stampa americana – gli articoli aumentano, a giugno arriva la versione inglese di “Melania Trump: The Inside Story, da un villaggio della Slovenia comunista alla Casa Bianca” scritto da Bojan Požar e Igor Omerza – si ha l'impressione che la moglie di Trump uscirà alla distanza. Al momento, il più spontaneo paragone è con l'omonima di Via col Vento.

La castana Melania arriva dopo due tumultuose e bionde Rosselle, le signore Trump Ivana e Marla Maples si presero a botte ad Aspen in Colorado, la prima arricchì le riviste di gossip degli anni 80 e 90 con un divorzio milionario (sua la famosa frase «non prendertela, prendigli tutto»), la seconda non da meno tradì il marito in Florida con una guardia del corpo. Al terzo giro, è il 2005, Donald confessa a Larry King «lavoro troppo, non posso permettermi di tornare a casa e lavorare a una relazione»; sceglie quindi una calma ex modella ora «moglie pantofolaia» che come Melania Hamilton di Via col Vento si agita poco e ottiene molto.

Ottiene sinora che non si riesce a parlarne male come è così facile col marito. Questo non vuol dire parlarne bene: si narrano l'accento sloveno, le babbucce da chirurgo che fa indossare agli ospiti per non rovinare il marmo di casa; l'unico discorso d'appoggio a Donald «sembrava scritto dal figlio di dieci anni»; incapacità poco americana di ridere delle proprie debolezze; le bugie nel curriculum - non finisce l'università di Lubiana in architettura, sua madre non è mai stata una fashion designer ma un'impiegata di un'industria tessile -; la «docilità» che vuol dire obbedienza in un matrimonio impari, le frasette stereotipate; il broncio mutuato dal marito «come i cani che assomigliano ai padroni»; seno forse rifatto.

Solletico nell'America al voto, carezze rispetto alla saga Clinton. Quello che le dà fastidio crea un brutto caso ma Melania si tiene lontana da violenti e razzisti. Accade quando su GQ la giornalista Julia Ioffe pubblica un lungo profilo che include testimonianze dalla Slovenia, tocca infanzia, famiglia, la intervista, tipico articolo anglosassone corretto pur con qualche spigolo. C'è di nuovo che il padre di Melania ha avuto un figlio che non ha mai riconosciuto – il Daily Mail si è subito messo sulle sue tracce - ed è stato coinvolto in un caso di evasione fiscale. I sostenitori di Trump sul web attaccano la giornalista russo-americana in modo vergognoso: fotomontaggi di Ioffe in un campo di concentramento, pesanti insulti perché ebrea. Melania risponde invece con un post su Facebook in cui lamenta «la disonestà» della Ioffe e la violazione della privacy della sua famiglia, in subordine contesta un virgolettato sulla sua collezione di creme (alle uova di storione, assieme ai gioielli i suoi business). La replica che tiene assieme difesa della famiglia e affari è puro Trump ma è anche Melania Knauss, già Knvas (germanizza il cognome negli anni di modella a Milano), slovena nata nel 1970 da cui non si può cavar nulla del passato comunista che pure potrebbe ispirare biografie amiche; fortuna sua pare non ne abbia sofferto ma prevale un senso di vuoto, in un certo senso è «astorica» come s’accusano d’essere le tesi del marito.

Come molti immigrati in America – lei è arrivata coi documenti, ripete - la moglie di Donald è però una storia tutta da scrivere. Al contrario del vecchio Bill Clinton il cui faccione si può trovare nello stand di un supermercato di Miami, cover di rivista di charity, ultima malinconica fila dei giornali, accanto l’altra ormai ex star di Sex and the City, Sarah Jessica Parker.

Melania ha collezionato copertine come modella – anche nuda, ma non sembra che Trump perderà molti voti per questo – e ora come moglie. Harper's Bazaar scrive che parla a voce bassa come gli aristocratici che non hanno niente da dimostrare. Il New Yorker osserva «è più una regina di ghiaccio che una soccer mom», il New York Times riporta il commento di Wendi Deng, ex signora Murdoch: «Melania è una moglie che sostiene suo marito, una grande madre e una persona gradevole». Addirittura c'è chi dice «è troppo carina per New York». Nel suo passato da modella tanto lavoro e poca vita sociale, zero fidanzati, conferma il suo agente italiano Paolo Zampolli. Mentre Trump si perde in volgarità di ogni tipo reperibili sul web, lei si limita a dire che il segreto di un buon matrimonio sono i bagni separati.

Insomma la versione attutita di Donald rimane in ombra pure della di lui figlia Ivanka ma non è attaccabile, e nel suo piccolo può funzionare; per ora molti concordano «è un enigma», nel clima isterico delle presidenziali Usa già una vittoria. Lo stesso New Yorker ammette che un avvocato laureato ad Harvard come Michelle Obama da first lady è stata ridotta a occuparsi di bambini obesi e orti biologici. Perché quindi «nel ventunesimo secolo» Melania che parla sei lingue non può rivendicare di fare la moglie muta? Oltretutto, spiega lei a Cnn, «dico a mio marito come la penso, non sempre sono d'accordo con lui. Siamo due persone distinte e nessuno vuole cambiare l’altro». Più volte inascoltata ha consigliato a Donald «d’essere più presidenziale». Poche frasi a volte illuminanti del mondo Trump, meno confusionarie e violente dei fiumi di parole del marito. Quando le hanno chiesto dei Clinton invitati al suo matrimonio ora acerrimi nemici, lei ha risposto: «Adesso è così ma è solo business, non c'è niente di personale». Entro novembre i repubblicani devono costruire un candidato presentabile, la moglie non è uno dei problemi, foglio quasi bianco su cui lavorare.

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