NEW YORK - Uno zar di nome Bill. È l'ultima carta giocata da Hillary Clinton per cercare di strappare i riflettori dei mass media e l'attenzione dell'opinione pubblica oggi dominata, nel bene e nel male, dall'ossessione di questa campagna presidenziale americana: quella con il controverso candidato repubblicano Donald Trump, magnate immobiliare o faccendiere, personalità televisiva o megalomane a seconda che a parlare siano amici o nemici.
Hillary ha promesso che darà nei fatti al marito, l'ex presidente William (Bill) Jefferson Clinton, l'incarico forse più delicato, quello di ministro ombra dell'economia. Con la missione esplicita di rilanciarla, facendo un per nulla velato appello agli americani affinché ricordino gli anni Novanta come un'epoca d'oro per il Paese.
Parlando nel cuore industriale del Kentucky, l'ormai quasi certa candidata democratica ha arruolato il marito in una sua prossima amministrazione con queste parole: «Guiderà lo sforzo per rivitalizzare l'economia, perché lui sa quello che va fatto». Uno slogan che vuol diventare l'alternativa al «Faremo di nuovo grande l'America» di Trump. Hillary può sicuramente contare su dati impressionanti, quando si tratta dell'eredità economica di Bill: in otto anni furono allora creati 22 milioni di posti di lavoro, più di quanti non siano stati contati nei 22 anni governati dagli ultimi quattro presidenti repubblicani. E una cifra che puo far sognare chi è oggi intrappolato in una ripresa ancora asfittica e troppa occupazione a basso salario. L'ex presidente rimane popolare, oltre che tra le minoranze etniche, tra le fasce di lavoratori bianchi meno abbienti, un elettorato con il quale Hillary ha invece faticato molto a comunicare e che spesso, nelle stesse primarie democratiche, la ha preferito il rivale interno Bernie Sanders.
Ciò detto, sfoderare Bill potrebbe anche rivelarsi un'arma a doppio taglio. Le politiche clintoniane sono men che universalmente celebrate. I suoi anni videro lo scoppio della bolla di internet, l'accordo di libero scambio Nafta con il Messico e Canada, inviso ai sindacati, e soprattutto la deregulation delle banche e del settore finanziario, accusata di aver gettato i semi per gli eccessi di Wall Street e il successivo collasso dei derivati che provocò la crisi del 2008. Senza contare che i repubblicani e Trump non hanno fatto mistero di voler rispolverare le polemiche sui comportamenti personali di Clinton alla Casa Bianca, comprese le avventure galanti.
Non è ancora chiaro, comunque sia, quale ruolo avrebbe Bill sotto Hillary. In alcune interviste lei aveva citato la sua importanza quale «grande consigliere», per sfruttare la sua capacità di avere «un milione di idee al minuto». Nelle ultime ore ha semplicemente sottolineato che è ora per lui di «uscire dal ruolo di pensionato» e darsi nuovamente da fare, soprattutto per affrontare le crisi in atto in centri urbani e in regioni disagiate degli Stati Uniti, quali sono ad esempio le aree caratterizzate dalla presenza di miniere di carbone.
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