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Non solo Brexit: dalla Francia all’Italia l’Europa perde…

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studio del pew research center

Non solo Brexit: dalla Francia all’Italia l’Europa perde consensi

Il leader degli indipendentisti di Ukip, Nigel Farage, durante la sessione plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo
Il leader degli indipendentisti di Ukip, Nigel Farage, durante la sessione plenaria dell’Europarlamento a Strasburgo

STRASBURGO – La disaffezione nei confronti del progetto europeo non è una caratteristica solo della Gran Bretagna, che il 23 giugno voterà se rimanere nell’Unione. L’ultimo studio del Pew Research Center di Washington ne segnala un forte aumento in molti Paesi europei, tra cui l’Italia. Intervenendo a Strasburgo il capofila dei deputati euroscettici inglesi, Nigel Farage, si è augurato che altri stati membri possano organizzare referendum sulla loro permanenza nell’Unione.

Appena il 51% degli interpellati nei 10 principali Paesi europei considera favorevolmente l’Unione. Il 42% vorrebbe assistere a un trasferimento di poteri dal centro alla periferia, mentre solo il 19% crede che convenga rafforzare l’assetto federale, trasferendo maggiori poteri a Bruxelles. Ciò detto, il 70% degli interpellati in nove Paesi dell’Unione (esclusa quindi la Gran Bretagna) considera che l’eventuale uscita del Regno Unito dalla Ue avrebbe conseguenze negative.

L’euroscetticismo è cresciuto soprattutto in Francia dove solo il 38% degli interpellati ha una visione favorevole dell’Europa, rispetto al 55% di un anno fa. Dei principali stati europei, la Francia, dove si voterà per un nuovo presidente nel 2017, è il Paese nel quale è più basso il sostegno all’Europa nella fascia di età tra i 35 e i 49 anni. In Italia, i favorevoli all’Unione sono scesi dal 64 al 58%. Paradossalmente, i paesi più europeisti sono l’Ungheria e la Polonia, guidati entrambi da governi nazionalisti.

È interessante notare che l’euroscetticismo cresce di solito con l’aumento dell’età. «I motivi dietro all’aumento del sentimento di disaffezione nei confronti del progetto europeo sono direttamente legati al modo in cui Bruxelles ha gestito la crisi economica e l’emergenza dei rifugiati», spiega il Pew Research Center. Questo aspetto spiega il forte aumento dell’euroscetticismo in Italia e in Grecia, due Paesi chiamati più di altri dalla crisi economica a riformare in profondità il loro assetto sociale.
C’è di più. Dietro alle critiche contro il progetto europeo e le istituzioni comunitarie vi è anche un assetto istituzionale che non è ancora pienamente federale, ma che non è più totalmente confederale. Le decisioni prese a Bruxelles sono spesso mal capite e poco efficaci, basate su un processo decisionale molto lungo e poco trasparente che prevede il benestare sia del Consiglio che del Parlamento. In un momento di crisi politica ed economica, l’effetto nelle opinioni pubbliche è dirompente.

La ricerca del Pew Research Center conferma il recente rapporto della Fondazione Hume (si veda Il Sole 24 Ore del 22 maggio). Qui a Strasburgo, dove è riunito in sessione plenaria il Parlamento europeo, Farage ha auspicato che il suo intervento in aula fosse l’ultimo. Il leader dello UK Independent Party si è augurato che altri Paesi imitino il voto inglese e che «il 23 giugno non sia solo il giorno dell’indipendenza del Regno Unito, ma anche quello che segna la fine del progetto europeo».

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